L’amore è una realtà meravigliosa,

è l’unica forza che può veramente trasformare il cosmo, il mondo!

(Benedetto XVI)



giovedì 8 maggio 2014

Amore e sessualità (1)

La prima idea che molti hanno rispetto l’amore combacia con l’espressione “fare l’amore”, dunque ai rapporti sessuali. Ma l’amore non è solo sesso, così come il sesso non è solo genitalità[1]. Il rischio è quello di ridurre una realtà ad un solo suo aspetto e così di perdere di vista la complessità e la bellezza dell’amore. Che non è solo sesso: è amore anche quello dei genitori con i figli, degli amici tra loro, di chi fa scelta di celibato e continenza perché sente così di poter amare di più ogni persona. Dio è Amore.
Così anche il sesso non è solo genitalità: è innanzitutto la caratteristica propria di ogni persona che si esprime, pensa, agisce, ama come uomo o come donna, in modo differente.
Provate a pensare ad un essere umano, ad immaginarlo concretamente. Non potete fare a meno di pensarlo o maschio o femmina. Qualsiasi altro attributo fisico o psichico può venire meno nella vostra immaginazione, ma il sesso no. Quando incontrate una persona la prima domanda a cui rispondete dentro di voi è: è maschio o femmina? Poi continuate con le altre: è amico o nemico? È bello o brutto? È intelligente o stupido? E così via in maniera molto soggettiva perché ognuno ha le sue domande preferite per «catalogare» gli altri; ma la prima «di che sesso è?» la facciamo proprio tutti, immediatamente e inconsapevolmente.
La sessualità è dunque qualcosa di inscindibile dall'essenza stessa della persona ed è quasi impossibile parlarne come se fosse un capitolo a parte, un settore dell'esistenza umana come il lavoro o gli hobbies: la sessualità non si «fa» (fare sesso, fare la donna) perché non è un comportamento; la sessualità non si «ha» perché non è un oggetto, un attributo che si può possedere o meno; la sessualità si «è» che ci piaccia o no, che ci preoccupi o ci renda felici.
Ogni più piccola cellula del nostro organismo, anche quelle che si disperdono continuamente dalla nostra cute, sono marcate da un cromosoma che le fa maschili o femminili: non c'è un anfratto nel nostro organismo che non sia maschio o femmina. Allo stesso modo non c'è gesto, pensiero emozione che possa prescindere dal fatto di essere il prodotto di un essere sessuato. In questo senso tutti i rapporti tra le persone sono necessariamente dei «rapporti sessuali» anche se il fisico non è affatto coinvolto: la corporeità infatti è soltanto una delle dimensioni (anche se la più nota e la più evidente) in cui si declina la sessualità.
La sessualità è l'unico istinto dell'uomo che non può essere soddisfatto senza la partecipazione di un altro essere umano non fosse altro in fantasia. Essa costituisce dunque il dato biologico che ci ricorda che l'essere umano non può bastare a se stesso, che «non è bene che l'uomo sia solo». Il destino, o meglio la chiamata, dell'uomo è di essere «animale in relazione» che scopre se stesso nell'incontro-confronto con un altro essere sostanzialmente simile e sostanzialmente diverso: la diversità sessuale è, allo stesso tempo, invito all'unità.
Tutto il cammino di identificazione sessuale, la scoperta di sé come uomo o come donna, avviene attraverso la presa di coscienza della diversità dell'altro: conosco me stesso accorgendomi per contrasto che l'altro è diverso e più mi identifico separandomi, differenziandomi, distinguendomi, più sperimento il desiderio di essere in relazione con l'altro che proprio in quanto altro da me è novità e ricchezza.
La consapevolezza di essere di un certo sesso va di pari passo con la delusione di non essere «il tutto» ma soltanto una parte del tutto e con il desiderio di ricostruire attraverso la reciprocità il senso dell'assoluto (il che per altro nel rapporto tra esseri umani è una tragica illusione essendo l'assoluto altrove: comunque farsi venire l'appetito con l'antipasto è cosa buona purché non ci si aspetti di esserne sazi).
Non è tanto istinto fisico: la sessualità non è una realtà esterna alla persona, sono io in quanto uomo o donna. E’ semmai un insieme di pulsioni da armonizzare. La dimensione istintiva nell’uomo non è preponderante. Gli animali invece hanno istinti determinanti che li spingono, attraverso una serie di tappe precostituite e non modificabili, al raggiungimento di un certo scopo (l’alimentazione, la difesa dai predatori, l’accoppiamento…). A differenza degli animali l’uomo è consapevole dei suoi istinti e può scegliere di fare altrimenti: è dotato di alcune pulsioni che sperimenta psicologicamente come bisogni (mangiare, dormire, proteggersi dal caldo e dal freddo, avere rapporti sessuali…), ma deve inventarsi o imparare il modo per soddisfarle. E’ per questo che i cani di 2000 anni fa facevano più o meno la stessa vita da cani che fanno oggi, mentre gli uomini hanno imparato molte cose, se le sono trasmesse di generazione in generazione e gli stessi obiettivi di allora li raggiungono in modo un po’ più sofisticato. Pensiamo ai mille modi in cui l’uomo si procaccia e prepara il cibo.
Questa caratteristica specifica dell’essere umano di potersi autodeterminare e di non essere schiavo dei propri istinti rende l’uomo nello stesso tempo libero di scegliere come e perché vivere e contemporaneamente responsabile delle proprie azioni (dove libertà e responsabilità vanno di pari passo).
Così anche la sessualità non è un dato biologico a cui sottostare, un istinto da soddisfare, ma un progetto di relazionalità che l'uomo può scegliere come realizzare: dipende molto più dal cervello che non dai genitali. L’uomo in nome di un ideale può scegliere il celibato, farsi uccidere o lasciarsi morire di fame; sono queste altrettante prove che il primato spetta al cervello e ai suoi prodotti: le idee.



[1] "Né i libertini né i dongiovanni conoscono il meglio dell’amore. Il fatto stesso che si adoperino a moltiplicare le loro “conquiste” indica l’insoddisfazione in cui vivono" (M.-R. Bous, Imparare ad amare, Qiqajon, Bose 2008 (or. 1997), p.17)

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