L’amore è povertà, dipendenza, umiltà. L’amante dice all’amato: “Tu sei la mia gioia”. É un’affermazione di povertà: senza di te sono povero di gioia. Oppure: “Tu sei tutto per me”: è l’affermazione del mio niente al di fuori di te.
L’esperienza dell’amore umano è quanto vi è di meno inadatto per suggerire l’amore vissuto in Dio. Perché anche se ancora molto “naturale”, già si muove in direzione del suo termine ultimo, già è alla radice di se stesso il desiderio di amare come Dio ama. Se l’amore umano può condurre all’amore divino, è perché ne è una manifestazione, anche se non ha ancora coscienza della propria nobiltà e non sa che dovrà essere trasfigurato.
L’amore è povertà, dipendenza, umiltà. L’amante dice all’amato: “Tu sei la mia gioia”. É un’affermazione di povertà: senza di te sono povero di gioia. Oppure: “Tu sei tutto per me”: è l’affermazione del mio niente al di fuori di te. Amare è voler essere attraverso l’altro e per l’altro. Attraverso l’altro: è accoglienza. Per l’altro: è il dono. Entrambi gli aspetti sono di povertà. Ciò che, nell’amore umanamente vissuto, limita la volontà di accoglienza e di dono è rivendicazione di ricchezza autarchica, dunque mutilazione dell’amore.