L’amore platonico è il modo in cui
comunemente si definisce una forma di amore sublimata, che
esclude la dimensione sessuale e passionale.
Questa formula in realtà scaturisce da un
contesto filosofico in cui l'amore, inteso come moto dell'animo e non come
forma di relazione, viene interpretato come impulso al trascendimento della
realtà sensibile, del mondo delle apparenze, capace di muovere
la conoscenza verso l'assoluto, permettendo così all'uomo di ricongiungersi con
il divino.
Questa locuzione prende il nome dalla
teorizzazione dell'amore che Platone fa nei suoi
dialoghi. Nel Simposio Socrate, ispirato da Diotima, parla di Eros come di un demone figlio di Poros e Penia. Pòros,
l'espediente, aveva fatto innamorare Penìa, ossia la povertà che genera
bisogno. Approfittando di un momento di ubriachezza di Pòros, Penìa giace con
lui e dalla loro unione nasce Eros, l'amore. Il mito mette in luce come
Eros, la forza che fa andare avanti il mondo, abbia una natura ambivalente, che
partendo dall'amore delle forme, che porta alla procreazione e alla
continuazione della specie umana, lo fa arrivare all'amore della conoscenza
(letteralmente: "filosofia").
L’amore platonico può essere
considerato vero amore? L’amore platonico è quell’amore di altri tempi, fatto
di sguardi, sensazioni ed emozioni, un
amore lontano dalle passioni terrene ma che occupa la mente, i pensieri in ogni
minuto della giornata. L’amore platonico è quello che ha ispirato Dante,
Petrarca e Leopardi, l’amore non consumato e
quindi eterno, romantico e irrisolto, l’amore che
si ferma al primo stadio, quello dell’innamoramento, gli sguardi rubati, il
cuore che batte forte, le farfalle allo stomaco.
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