La prima idea che molti hanno rispetto l’amore combacia con
l’espressione “fare l’amore”, dunque ai rapporti sessuali. Ma l’amore non è
solo sesso, così come il sesso non è solo genitalità[1]. Il
rischio è quello di ridurre una realtà ad un solo suo aspetto e così di perdere
di vista la complessità e la bellezza dell’amore. Che non è solo sesso: è amore
anche quello dei genitori con i figli, degli amici tra loro, di chi fa scelta
di celibato e continenza perché sente così di poter amare di più ogni persona.
Dio è Amore.
Così anche il sesso non è solo
genitalità: è innanzitutto la caratteristica propria di ogni persona che si
esprime, pensa, agisce, ama come uomo o come donna, in modo differente.
La sessualità è dunque qualcosa di
inscindibile dall'essenza stessa della persona ed è quasi impossibile parlarne
come se fosse un capitolo a parte, un settore dell'esistenza umana come il
lavoro o gli hobbies: la sessualità non si «fa» (fare sesso,
fare la donna) perché non è un comportamento; la sessualità non si «ha» perché
non è un oggetto, un attributo che si può possedere o meno; la
sessualità si «è» che ci piaccia o no, che ci preoccupi o ci renda felici.
Ogni più piccola cellula del nostro
organismo, anche quelle che si disperdono continuamente dalla nostra cute, sono
marcate da un cromosoma che le fa maschili o femminili: non c'è un
anfratto nel nostro organismo che non sia maschio o femmina. Allo stesso modo
non c'è gesto, pensiero emozione che possa prescindere dal fatto di essere il
prodotto di un essere sessuato. In questo senso tutti i rapporti tra le
persone sono necessariamente dei «rapporti sessuali» anche se il fisico non è
affatto coinvolto: la corporeità infatti è soltanto una delle dimensioni (anche
se la più nota e la più evidente) in cui si declina la sessualità.
La sessualità è l'unico istinto dell'uomo
che non può essere soddisfatto senza la partecipazione di un altro essere umano
non fosse altro in fantasia. Essa costituisce dunque il dato biologico che ci
ricorda che l'essere umano non può bastare a se stesso, che «non è bene che
l'uomo sia solo». Il destino, o meglio la chiamata, dell'uomo è di essere
«animale in relazione» che scopre se stesso nell'incontro-confronto con un
altro essere sostanzialmente simile e sostanzialmente diverso: la diversità
sessuale è, allo stesso tempo, invito all'unità.
Tutto il cammino di identificazione
sessuale, la scoperta di sé come uomo o come donna, avviene attraverso la presa
di coscienza della diversità dell'altro: conosco me stesso accorgendomi per
contrasto che l'altro è diverso e più mi identifico separandomi,
differenziandomi, distinguendomi, più sperimento il desiderio di essere in
relazione con l'altro che proprio in quanto altro da me è novità e ricchezza.
La consapevolezza di essere di un certo
sesso va di pari passo con la delusione di non essere «il tutto» ma soltanto una
parte del tutto e con il desiderio di ricostruire attraverso la reciprocità il
senso dell'assoluto (il che per altro nel rapporto tra esseri umani è una
tragica illusione essendo l'assoluto altrove: comunque farsi venire
l'appetito con l'antipasto è cosa buona purché non ci si aspetti di esserne
sazi).
Non è tanto istinto fisico:
la sessualità non è una realtà esterna alla persona, sono io in quanto uomo o
donna. E’ semmai un insieme di pulsioni da armonizzare. La dimensione istintiva
nell’uomo non è preponderante. Gli animali invece hanno istinti determinanti
che li spingono, attraverso una serie di tappe precostituite e non
modificabili, al raggiungimento di un certo scopo (l’alimentazione, la difesa dai
predatori, l’accoppiamento…). A differenza degli animali l’uomo è consapevole
dei suoi istinti e può scegliere di fare altrimenti: è dotato di alcune
pulsioni che sperimenta psicologicamente come bisogni (mangiare, dormire,
proteggersi dal caldo e dal freddo, avere rapporti sessuali…), ma deve
inventarsi o imparare il modo per soddisfarle. E’ per questo che i cani di 2000
anni fa facevano più o meno la stessa vita da cani che fanno oggi, mentre gli
uomini hanno imparato molte cose, se le sono trasmesse di generazione in
generazione e gli stessi obiettivi di allora li raggiungono in modo un po’ più
sofisticato. Pensiamo ai mille modi in cui l’uomo si procaccia e prepara il
cibo.
Questa caratteristica
specifica dell’essere umano di potersi autodeterminare e di non essere schiavo
dei propri istinti rende l’uomo nello stesso tempo libero di scegliere come e
perché vivere e contemporaneamente responsabile delle proprie azioni (dove
libertà e responsabilità vanno di pari passo).
Così anche la sessualità
non è un dato biologico a cui sottostare, un istinto da soddisfare, ma un
progetto di relazionalità che l'uomo può scegliere come realizzare: dipende
molto più dal cervello che non dai genitali. L’uomo in nome di un ideale può
scegliere il celibato, farsi uccidere o lasciarsi morire di fame; sono queste
altrettante prove che il primato spetta al cervello e ai suoi prodotti: le
idee.
[1] "Né i libertini né i dongiovanni conoscono il meglio dell’amore. Il fatto stesso
che si adoperino a moltiplicare le loro “conquiste” indica l’insoddisfazione in
cui vivono" (M.-R.
Bous, Imparare ad amare, Qiqajon, Bose 2008 (or. 1997), p.17)
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