L’amore è una realtà meravigliosa,

è l’unica forza che può veramente trasformare il cosmo, il mondo!

(Benedetto XVI)



lunedì 8 settembre 2014

1.2.1 L’educazione sessuale

L’educazione sessuale non può di conseguenza ridursi ad una serie di insegnamenti riguardanti le modalità e i rischi relativi al rapporto sessuale, ma deve essere intesa come educazione all’affettività, educazione integrale ed armonica della persona[1].
La cultura odierna tende a presentare la sessualità come uno dei piaceri da soddisfare, equiparabile agli altri piaceri o ad altri aspetti ludici dell’esistenza o ai bisogni primari dell’uomo. Questa considerazione affonda le sue radici in una visione dell’uomo esclusivamente materialista per cui noi siamo considerati alla stregua degli animali. Se l’uomo è un aggregato di cellule, un insieme di nervi, di impulsi, di bisogni e nulla di più, è necessario, oltre che giusto, soddisfare qualsiasi necessità che insorga. L’amore appare solo come un’idealizzazione di queste reazioni ormonali e chimiche e di pulsioni fisiche.
Ma l’uomo non è solo questo e l’amore lo coinvolge in tutte le sue dimensioni[2]. Ridurre l’amore umano ad una sola dimensione, solitamente a quella corporale, significa impoverirlo, renderlo incompleto e falso: il corpo non ha senso se non come espressione della totalità della persona. La sessualità, in quanto elemento fondamentale della persona, condiziona il nostro modo di manifestarci e rapportarci con gli altri: “è il segno e il luogo dell’apertura, dell’incontro, del dialogo, della comunicazione e dell’unità delle persone tra di loro[3].
Molti giovani, sempre più precocemente, attingono le loro informazioni sul sesso dalla pornografia diffusa in maniera particolare e facilmente accessibile su internet. Ne consegue che la sessualità appare come un gioco di eccitazione/piacere e non come una modalità di relazione umana. Ne consegue una precoce ricerca del rapporto sessuale e una diffusione della masturbazione che è vissuta come inevitabile e “normale”, accanto ad un analfabetismo affettivo che rende i giovani emotivamente fragili e frustrati.
Che vi sia una diffusa ignoranza sull’arte di amare è attestato da alcune interviste ad adolescenti: “Per me amare è possedere l’altro, farlo diventare tutto mio”; “Amare è diventare uguali, fare tutto insieme”; “Amare è andare d’accordo, essere felici, sentirsi riempiti dall’amore dell’altro”; “Non pensavo che esistesse una relazione tra il sesso e l’amore”[4]. Ingmar Bergman ha fatto dire ad un personaggio di un suo film: “La verità è che all’Università non ci hanno insegnato ad amare”. Amare è un’arte che se non viene appresa in famiglia sin dal seno materno, si fa fatica a recuperare e necessita di specialisti, che sappiano risvegliare l’amore e i suoi effetti terapeutici sulle ferite più profonde.
Assistiamo ad una emergenza educativa che deriva sostanzialmente dalla incapacità di una generazione di adulti di trasmettere alle giovani generazioni i valori e le regole fondamentali dell’esistenza umana e, quindi, anche dell’amore. C’è oggi una pericolosa penuria di ambienti educativi veri, di punti fermi di riferimento, di modelli positivi cui ispirarsi. Una situazione cui non sono più in grado di far fronte neppure le famiglie, falcidiate dalla piaga del divorzio e ferite dalla cultura postmoderna che, dominata dalla “dittatura del relativismo”, rifiuta l’esistenza della verità. Ma senza verità tutto diventa fluido e non può esservi vera educazione. Non solo. Un individualismo esasperato e sempre più diffuso gonfia a dismisura l’io, erigendolo a misura di tutto. Gli psicologi ci mettono in guardia nei confronti di una cultura che produce in massa “narcisi” ripiegati morbosamente su sé stessi, ermeticamente chiusi, incapaci di relazionarsi con gli altri, specialmente con le persone dell’altro sesso, affettivamente immaturi, incapaci di amare.
Benedetto XVI ribadisce:
Da questa sollecitudine per la persona umana e la sua formazione vengono i nostri “no” a forme deboli e deviate di amore e alle contraffazioni della libertà [...] In verità, questi “no” sono piuttosto dei “sì” all’amore autentico, alla realtà dell’uomo come è stato creato da Dio[5].
Ai partecipanti al Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma del 2006 raccomandava:
In tutta l'opera educativa, nella formazione dell'uomo e del cristiano, non dobbiamo, per paura o per imbarazzo, lasciare da parte la grande questione dell'amore: se lo facessimo presenteremmo un cristianesimo disincarnato, che non può interessare seriamente il giovane che si apre alla vita. Dobbiamo anche, però, introdurre alla dimensione integrale dell'amore cristiano, dove amore per Dio e amore per l'uomo sono indissolubilmente uniti e dove l'amore del prossimo è un impegno quanto mai concreto[6].



[1] Cf. Congregazione educazione cattolica, Orientamenti educativi sull’amore umano, 1983
[2] L’antropologia, la psicologia e anche la filosofia concordano che l’uomo è un soggetto autocosciente nel quale sono riscontrabili tre dimensioni strettamente connesse tra loro: quella fisica, quella psico-affettiva e quella spirituale. L’uomo è la sintesi delle relazioni umane che ha vissuto e vive: solo di fronte ad un “tu” può dire “io”. Per questo la realtà fondamentale della persona umana è l’amore, l’amare e l’essere amato. Il nuovo principio antropologico non è più il cartesiano “penso dunque sono”, ma “amo dunque sono”.
[3] D. Tettamanzi, L’etica sessuale, in AA. VV., Sessualità da ripensare, Vita e Pensiero, Milano 1990, p.28.
[4] Interviste riportate da M. – R. Scotto, Sessualità tenerezza, Città Nuova, Roma 2009, p. 9.
[5] Benedetto XVI, Ai partecipanti al IV Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa che è in Italia, “Insegnamenti” II, 2 (2006), p. 474.
[6] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno della Diocesi di Roma, 5.6.2006: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2006/june/documents/hf_ben-xvi_spe_20060605_convegno-diocesano_it.html

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