“Amore, parola
dolce, ma realtà ancora più dolce (…)
non c’è cosa
migliore che parlare di tale argomento”
(S. Agostino)
L’amore
è una forza interiore che ci spinge verso gli altri, che ci fa uscire dal
nostro guscio. E’ insieme un sentimento, un istinto che possiamo e dobbiamo
guidare con la volontà e la ragione, che ci fa sentire un’altra persona
importante, attraente, ci fa desiderare di averla vicina, di essere in
relazione con lei, di desiderare il suo bene.
Il
bambino piccolo impara ad amare quando scopre di poter contraccambiare l’amore
ricevuto[1]:
sorride ai propri cari, esprime affetto con abbracci, carezze e baci. Dona
qualcosa di suo, un disegno, un parola di affetto. Non ha solo bisogno di
queste persone, del loro amore, ma sente il bisogno di amarle.
Anche la madre deve fare questo percorso di maturazione: amare il
bambino finché è piccolo e completamente legato a lei è cosa che appartiene
alla natura e che può corrispondere al bisogno narcisistico della madre che
vede nel suo piccolo una sua creatura, qualcuno che dipende totalmente da lei.
Ma il bambino deve crescere. Deve emergere dal
grembo materno; diventare un essere completamente indipendente. La vera essenza
dell'amore materno è di curare la crescita del bambino, e ciò significa volere
che il bambino si separi da lei. Qui sta la differenza con l'amore erotico.
Nell'amore erotico, due persone distinte diventano una sola. Nell'amore
materno, due persone che erano una sola, si separano. La madre deve non solo
tollerare, ma desiderare e sopportare la separazione del figlio. E’ solo a
questo stadio che l'amore materno diventa un compito così difficile da
richiedere altruismo, capacità di dare tutto senza chiedere niente e di non
desiderare niente altro che la felicità dell'essere amato. E anche a questo
stadio che molte madri falliscono nel loro compito. La narcisista,
l'autoritaria, la tirannica può riuscire ad essere una madre
"amorosa" finché il bambino è piccolo. Solo la donna veramente
"amante", colei che è più felice di dare che di ricevere, può essere
una madre amorosa durante il processo di separazione del bambino.
L'amore materno per il bambino che cresce, amore
fine a se stesso, è forse la forma d'amore più difficile a raggiungersi, ed è
anche la più ingannevole, a causa della facilità con cui una madre ama la
propria creatura. Ma proprio a causa di questa difficoltà, una donna può essere
una madre veramente amorosa solo se può amare; se è capace di amare il proprio
marito, altri bambini, il prossimo, tutti gli esseri umani. La donna che è
incapace di amare in questo modo, può essere una madre affettuosa finché il
bambino è piccolo, ma non può essere una madre amorosa. La condizione per
esserlo è la volontà di affrontare la separazione, e, anche dopo la
separazione, la capacità di continuare ad amare[3].
Il
bambino sperimenta presto anche la paura dell’abbandono, di non essere più
amato, di non essere per i suoi cari l’unico amore, di dover condividere
quell’amore con altre persone che sente come dei concorrenti. Col tempo
sperimenterà tante contraddizioni legate all’amore: difficoltà, conflitti,
incomprensioni, gelosie, tradimenti.
L’amore
ferito, se non curato e sostenuto dalla volontà e dalla ragione, può deperire e
morire. L’amore ferito ci espone al dolore, alle sofferenze, in casi estremi,
purtroppo molto diffusi, alla violenza, al sopruso e a tante deviazioni e
perversioni[4].
Sperimentiamo
tutti le inadeguatezze nostre e altrui, le incapacità nostre e altrui di amare
e di lasciarci amare. Dobbiamo fare i conti con paure e limiti che ci rendono
(o ci lasciano) egoisti, gelosi, insofferenti e intolleranti. Per mendicare un
po’ di amore, cioè per non sentirci soli, ci si può prostituire, “svendendo” il
proprio corpo o la propria volontà e dignità alle esigenze dell’altro pur di
tenerlo vicino, per non farlo scappare. Si può estorcere il consenso
dell’altro, ma anche in questo caso rimane la violenza psicologica che deforma
l’amore in un atto criminale o comunque perverso.
Per
“amore” si arriva, massima perversione dell’amore, ad uccidere e, fino a pochi
decenni fa, la gelosia era considerata un’attenuante nei casi di omicidio. Oggi
si usano neologismi per indicare dei crimini odiosi legati in modo perverso
all’amore, come lo stalking[5],
e il femminicidio[6].
In Europa le statistiche parlano di dodici donne uccise ogni giorno[7].
[1] “Dal punto di vista psicologico ogni amore è inizialmente amore per i
genitori, e precisamente un amore di dipendenza (…). Grazie a loro arriva ad
assumere i primi atteggiamenti e comportamenti fondamentali nei confronti di se
stesso. Più tardi, nel corso della vita, egli cercherà di adottare tali
atteggiamenti anche verso altre creature umane e, a seconda della buona o
cattiva riuscita, li consoliderà o li cambierà; sempre perciò le relazioni con
le altre persone sono influenzate in maniera decisiva anche dalle prime
esperienze fatte col padre e con la madre”. (E. Drewermann, Psicoanalisi e teologia morale, p.187).
[2]
E. Fromm, L’arte di amare, p.61-62.
[3] Idem, p.74-75. Cf anche O. Poli, Mamme che amano troppo, ed. paoline, 2011. Il noto psicoterapeuta
ritiene che sia possibile e nocivo
amare troppo un figlio. Un eccesso di attenzioni e protezioni producono figli
“tiranni” o “bamboccioni”, insicuri o disadattati. Il testo individua i “virus”
psicologici e relazionali che spingono un genitore ad “amare troppo”, cercando
compensazioni alle proprie paure come quella di non essere adeguati, di
dedicare poco tempo ai figli (considerando che sempre più spesso entrambi i
genitori lavorano a tempo pieno o sono separati), di non essere buoni con loro.
Di conseguenza si fa di tutto e di più per accontentare i figli, persino
quello che si considera sbagliato o eccessivo. Si ha paura di dire no alle loro
richieste e si cade vittime del senso di
colpa che i figli sanno manovrare al meglio.
[4]
La perversione è spesso associata al
concetto di “filia”, termine che in questo caso indica una attrazione morbosa e
nociva come la pedofilia (l’attrazione verso i bambini), la zoofilia
(l’attrazione verso gli animali) o la necrofilia (l’attrazione verso i
defunti). Sono sempre più diffuse nella nostra società anche delle tendenze
patologiche che ricercano l’eccitazione sessuale attraverso pratiche legate al
dolore proprio (masochismo) o altrui (sadismo) o al piacere legato a
particolari oggetti (feticismo), al vedere (voyerismo e pornodipendenze) o al
farsi vedere (esibizionismo), all’ascolto (turpiloquio o telefonate oscene), a
funzioni corporee fisiologiche (urina e feci)…
[5] Il termine inglese stalking, indica un insieme di
comportamenti molesti e continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei
pressi del domicilio o degli ambienti comunemente frequentati dalla vittima,
ulteriormente reiterati da intrusioni nella sua vita privata alla ricerca di un
contatto personale per mezzo di pedinamenti, telefonate oscene o indesiderate.
Include, spesso, l'invio di lettere, biglietti, posta elettronica, SMS e
oggetti non richiesti.
[6]
Altro termine di origine inglese (femicide)
per indicare l’omicidio che ha come vittima una donna e causato dal rifiuto o
dalla rottura di un rapporto affettivo da parte della donna.
[7]
Il Consiglio d’Europa che monitora questo crimine riferisce che in Italia nel
2013 sono state 134 le vittime per femminicidio.
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