1. INTRODUZIONE AL TEMA
Un
celebre scrittore di opere spirituali, Newman, ha affermato: “Un uomo non farebbe nulla se aspettasse fino
a poterlo fare così bene che nessuno possa trovarvi dei difetti”. Io ho
scritto questo libro consapevole dei molti difetti che presenta, ma con la
voglia di condividere letture e riflessioni che mi hanno accompagnato in
maniera particolare nel corso di quest’ultimo anno.
Ho
sentito l’esigenza di rispondere ad una domanda fondamentale per ogni individuo
e apparentemente banale: “Cos’è l’amore?”. E’ un argomento di cui si parla
continuamente con ogni tipo di linguaggio: quello artistico della musica, del
cinema, della pittura e via discorrendo; quello più specialistico delle varie
branche delle scienze umane: psicologia, sociologia, antropologia, filosofia,
teologia (si parla persino della “chimica dell’amore” per indicare come alla
base del fenomeno amoroso ci siano componenti fisiologiche e ormonali). Se ne
parla con il linguaggio comune: nei discorsi di salotto (anche televisivo), tra
amici, nelle riviste patinate di gossip. Se ne parla infine con un linguaggio più
intimo e diretto che è quello del corpo, delle emozioni, dei sentimenti.
Eppure, o forse proprio perché se ne parla tanto, c’è molta confusione
sull’argomento.
La parola
"amore" oggi è così sciupata, così consumata e abusata che quasi si
teme di lasciarla affiorare sulle proprie labbra.
Eppure è
una parola primordiale, espressione della realtà primordiale; noi non possiamo
semplicemente abbandonarla, ma dobbiamo riprenderla, purificarla e riportarla
al suo splendore originario, perché possa illuminare la nostra vita e portarla
sulla retta via.
Ho desiderato dare il mio piccolo contributo per chiarire e purificare la
realtà dell’amore. Ho sentito il bisogno di offrire una sintesi, un principio
unificatore che offrisse una chiave di lettura universale alla complessità del
nostro mondo interiore ed esteriore. Ritengo, dopo aver letto molto e anche
molto riflettuto, che manchino sintesi sull’argomento, o per lo meno manchino
delle sintesi sulla visione cristiana dell’amore. Ho così presentato le
questioni, molteplici e ciascuna necessitante di ulteriori approfondimenti
(questi, in realtà, non mancano), relative all’amore. L’ho fatto con un
linguaggio divulgativo, semplice, non riducibile ai soli addetti ai lavori
(anche perché riconosco di non essere specialista in niente).
Non ho la pretesa di aver presentato qualcosa di originale: ho riempito questo
lavoro di citazioni e articoli che ritengo particolarmente interessanti. Nei
ringraziamenti ho stilato una sorta di classifica delle principali fonti da cui
ho attinto: Papa Benedetto XVI che ho già citato; p. Raniero
Cantalamessa, noto sacerdote cappuccino, fra l’altro predicatore della Casa
Pontificia, che ha parlato dell’amore in particolare in occasione della
Quaresima del 2011 (prediche raccolte nel libro “Eros e agape”, San Paolo,
2011); fr. Enzo Bianchi, monaco fondatore della comunità di Bose, che ha
scritto con la sua consueta profondità e chiarezza articoli e libri che,
partendo dal dato biblico o da quello esistenziale, toccano questo argomento
(vedi in particolare “L’amore vince la morte” –San Paolo, 2008- un commento alle
lettere di San Giovanni); Papa Giovanni Paolo II che ha, fra l’altro,
dedicato una lunga serie di udienze del 1984 al tema dell’amore sponsale e
della teologia del corpo; Eric Fromm, celebre psicoanalista e sociologo
tedesco autore del best seller “L’arte di amare” edito nel 1957 ma ancora molto
attuale; Sant’Agostino, padre
della Chiesa occidentale vissuto nel IV secolo e considerato fra l’altro il
teologo dell’amore (e spesso rappresentato con un cuore in mano); Papa
Francesco che ha già inciso in tutti noi diverse espressioni (come le tre
parole degli sposi: scusa, permesso e grazie; o l’invito a pregare il Padre
perché ci doni “l’amore quotidiano” che è il vero pane, il nutrimento di cui
abbiamo sempre bisogno).
Diversi pensatori hanno recentemente scritto sull’amore. Cito spesso il
controverso teologo che si autodefinisce “eterodosso”, Vito Mancuso,
autore fra l’altro di un recente saggio dal titolo: “Io amo. Piccola filosofia
dell’amore” (Garzanti, 2014), interessante, ma a mio avviso poco convincente e,
da un putno di vista cattolico, poco condivisibile. Un accenno và infine fatto,
in ambito filosofico, all’ultima opera di Michela Marzano dal bel titolo “L’amore
è tutto. E’ tutto ciò che so dell’amore” (Utet 2013), titolo che parafrasa una
celebre poesia di Emily Dickinson: “che l’amore sia tutto quello che c’è”.
In ambito teologico passiamo dai classici Kierkegaard (“Gli atti
dell’amore”, 1847), von Balthasar (“Solo l’amore è credibile”, 1965), Nygren
(“Eros e agape”) Rahner ai più recenti (mancano lavori significativi nel
dopoconcilio!) Kasper (Misericordia, Queriniana 2013), Jeanroad (Teologia
dell’amore, Queriniana 2013).
Qual è la “mia” tesi?
Che ogni individuo abbia bisogno di essere amato e di amare.
Che ogni individuo di fatto ami qualcuno e qualcosa, ma
che tale amore è troppo spesso ferito, contraddittorio, malgestito[1]…;
che Dio ci ami e sia per essenza Amore;
che Dio possa insegnarci ad amare veramente e guarire le ferite
dell’amore.
Ritengo inoltre che per parlare dell’amore si debbano superare riduzionismi
e letture parziali, ma si debba trovare una sintesi di tutte le componenti
umane e di quelle divine, per arrivare a concepire e vivere un amore
autenticamente umano, che sia insieme eros ed agape, ricerca del proprio bene e
insieme del bene dell’altro.
Sono così delineati anche i tre capitoli del libro: il primo sull’amore
umano, il secondo sulla sorgente dell’amore (che è Dio) e il terzo sulla
risposta dell’uomo all’amore di Dio (quindi sull’amore umano che ha accolto
l’amore divino).
2. Cos’è dunque l’amore?
La
risposta non è semplice e richiede innanzitutto di allargare gli orizzonti:
l’amore non è solo “fare l’amore” (è amore anche quello per i figli e dei figli
per i genitori; è amore anche quello che proviamo per gli amici, per Dio, per
l’umanità, chiamiamo amore anche quello che ci fa appassionare per alcune cose
come la musica o l’arte -nell’atto di recepirle da altri o di produrle
personalmente-, per oggetti particolari come il computer o il cellulare…). L’amore non è dunque sinonimo di “fare l’amore”
così come la sessualità non implica solo
l’uso dei genitali, ma è una dimensione che ci distingue, anche a livello
caratteriale, mentale, oltre che fisiologico, in maschi e femmine. Da qui anche
l’accenno importante all’ideologia
gender che tende a negare una differenziazione naturale tra maschi e
femmine, affermando che tali differenze sono quasi esclusivamente di carattere
culturale, cioè imposte dalla società e dunque inopportune per chi vuol vivere
una sessualità diversa da quella imposta dal corpo.
E’
utile a questo riguardo anche accennare ad una vera educazione sessuale che non può limitarsi a parlare di tecniche amatorie
e anticoncezionali, ma deve aiutare l’individuo a vivere la sua dimensione
affettiva in senso lato. I giovani sono oggi sempre più fragili e smarriti di
fronte alla difficoltà di gestire le loro emozioni - viviamo in una società che
ha il “culto delle emozioni” (M.
Lacroix), in quanto mezzo di godimento -, di gestire le relazioni affettive a
tutti i livelli.
L’amore
non è infatti legato solo alla coppia che vive le diverse fasi (da saper
distinguere) dell’infatuazione, dell’innamoramento e dell’amore vero e proprio
(difficile ed esigente in quanto richiede di essere capaci di superare le
idealizzazioni dell’innamoramento – fase transitoria che necessariamente passa
- per accogliere i limiti dell’altro, perché lo si ama per quello che è e non per
quello che pensavamo fosse o vorremmo che diventi. Sono infatti convinto che
per amare non è fondamentale trovare la persona giusta (del resto la persona
perfetta non esiste), ma che si sia in grado di amare veramente quella persona
che sentiamo (dopo ampia verifica, compito che sarebbe proprio del “fidanzamento”)
possa completare la nostra umanità e condividere un progetto d’amore da
realizzare nel tempo e anche attraverso le difficoltà che non mancano mai.
L’amore
è anche, ma non solo istinto (l’uomo
ha qualcosa che lo differenzia dagli altri animali: la libertà di scegliere,
l’autoconsapevolezza di sé e degli altri…). E’ anche, ma non solo emozione e
sentimento; è anche, ma non solo ragione e volontà.
Utilizzando
la classica terminologia greca,
l’amore è porneia (ricerca della soddisfazione di un proprio bisogno), è eros
(attrazione e spinta verso un altro individuo), è philia (amore di amicizia,
piacere di stare insieme, di condividere) ed è agape, termine coniato dai primi
cristiani per descrivere l’amore divino: gratuito, rivolto a tutti, ma a
ciascuno in modo personale, eterno, volto solo alla ricerca del bene
dell’altro.
Non
è possibile dividere nettamente queste caratteristiche o pensare che all’uomo
competa solamente un amore erotico (per alcuni da censurare perchè negativo,
peccaminoso) e solo a Dio un amore spirituale a cui dobbiamo tutti tendere
purificandoci da altre solletcitazioni.
Da
questa separazione “platonica” (dove il corpo è prigione dell’anima) è nata una
visione cristiana sessuofobica che ritroviamo anche in Sant’Agostino e in buona
parte della teologia protestante. L’ideale dell’amore umano è costituito
dall’unione di tutte queste caratteristiche. Perché, ricorda Cantalamessa, se
l’eros è senza agape diventa un amore di conquista che rende l’altro un
oggetto (di piacere), una merce da comprare e poi, usata, di cui disfarsi.
All’opposto, se l’agape è senza eros diventa un amore di volontà e di cervello,
freddo e distante, in fondo disumano.
Anche Benedetto XVI invita a ritrovare una sintesi tra
eros e agape e ciò è possibile non dimenticando che: “l'eros ha bisogno di disciplina, di purificazione
per donare all'uomo non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del
vertice dell'esistenza, di quella beatitudine a cui tutto il nostro essere
tende” (DCE, n.4). L’uomo «non può sempre soltanto donare, deve anche
ricevere. Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono» (DCE,
n.7). Commenta Cantalamessa: “Se eros significa slancio, desiderio,
attrazione, non dobbiamo avere paura dei sentimenti, né tanto meno disprezzarli
e reprimerli”. Dobbiamo però educarli, gestirli, purificarli perché
essi non divengano nostri feroci padroni pronti a renderci schiavi.
Parlando di amore ci si può trovare di fronte a due posizioni
estreme e spesso antitetiche: quella di chi ritiene che non sia possibile amare
veramente (soprattutto nel contesto della nostra società) e quella di chi
ritiene l’amore la norma assoluta che non ammette limiti e giudizi morali.
3.
E’ ancora possibile
amare?
La prima posizione, cinica e diffusa, si ferma ai dati
statistici che parlano di sempre maggiori separazioni, di sempre maggiori
devianze e crimini legati all’amore (da qui i neologismi come lo “stalking” e
il “femminicidio”). Commenta Papa Benedetto:
Ogni
persona avverte il desiderio di amare e di essere amata. Eppure quant’è
difficile amare, quanti errori e fallimenti devono registrarsi nell’amore! C’è
persino chi giunge a dubitare che l’amore sia possibile. Ma se carenze
affettive o delusioni sentimentali possono far pensare che amare sia un’utopia,
un sogno irraggiungibile, bisogna forse rassegnarsi? No! L’amore è possibile
(…) l’amore vero, fedele e forte; un amore che genera pace e gioia; un amore
che lega le persone, facendole sentire libere nel reciproco rispetto[2].
E’ indubbio che al potenziamento della tecnologia e delle
conoscenze non è corrisposto un potenziamento della capacità di amare. La
libertà sessuale ha generato maggiore complessità e devianze.
La nostra società è descritta efficacemente come “liquida”
dal celebre sociologo polacco Bauman:
non ci sono punti di riferimento, relazioni stabili. In una società dominata
dal consumismo e dalla ricerca del divertimento, l’amore è anch’esso diventato liquido,
sfuggente, incapace di stabilità in quanto si cerca sempre nuove emozioni (un
continuo essere innamorati) e si ha paura di essere ingabbiati in legami alla
lunga opprimenti.
Anche Fromm (già
nel 1957!) è convinto che più che amare si è alla ricerca di essere amati (o lo
si confonde con esso): gli sforzi sono così rivolti alla cura del corpo, al
successo, alla ricchezza. Se agli occhi del mondo valgo molto posso aspirare
all’acquisto di una merce di grande valore. E di fronte ad ogni nuova occasione
che si presenta alla mia vita… perché non approfittarne?
Tuttavia le promesse di un amore vero e per sempre non sono
passate di moda: i lucchetti di Ponte Milvio, le poesie, le scritte sui muri,
le parole che si scambiano gli innamorati parlano di un amore fedele, eterno,
totale.
4.
Basta amare? “Ama e
fai quel che vuoi”? Và dove ti porta il cuore? Al cuor non si comanda?
Al versante opposto rispetto a chi afferma che non esista un
amore vero, c’è chi ritiene che l’amore giustifichi ogni sua espressione, che
non esistano amori illeciti, immorali. Il pensiero è rivolto principalmente
alle coppie omosessuali e ha fatto storia l’espressione del presidente americano
Barak Obama: “love is love”, l’amore è amore, a commento della decisione della
Corte Suprema degli Stati Uniti che nel giugno 2013 ha bocciato la legge
federale che definisce matrimonio solo quello tra un uomo e una donna. E’
dunque lecito anche l’amore incestuoso tra due fratelli, tra un genitore e il
figlio? E’ lecita, se si amano, anche la bigamia (il matrimonio con una persona
già sposata e non divorziata) e la poligamia? O per lo meno, uscendo dal campo
morale, lo Stato deve riconoscere (ed equiparare come matrimonio) ogni tipo di
unione? Risponde Introvigne, noto
sociologo delle religioni:
Il matrimonio non è
un timbro dello Stato che viene a certificare il carattere sincero e genuino di
un «amore». Nei codici civili i riferimenti agli elementi affettivi,
difficilmente accertabili, sono cauti o inesistenti. Il matrimonio - il cui
nome stesso fa riferimento alla maternità - è il quadro giuridico che riconosce
e organizza le relazioni fra un uomo e una donna nella successione delle
generazioni e nella costruzione di una famiglia. Quando la Chiesa parla di
famiglia «naturale» non intende offendere nessuno, ma solo affermare che questa
nozione di famiglia, giuridicamente rilevante, riposa su un dato di natura, la
differenza sessuale fra uomo e donna - che è davvero naturale, non culturale
come pensa l'ideologia del gender -, e la capacità della sola unione fra uomo e
donna di essere feconda.
La nota affermazione agostiniana “ama e fa quel che vuoi”
sembrerebbe confermare la posizione in analisi. Ma Sant’Agostino ha inteso
veramente dire che “in amore è tutto consentito?”. Ovviamente no: Agostino
commentando un passo della prima lettera di San Giovanni (dove si afferma che
“Dio è Amore”) ci mostra come l’amore è carità divina, è agape. Se si vive tale
carità (disinteressata, altruista, alla ricerca cioè del bene dell’altro prima
che del proprio) allora qualsiasi cosa si faccia è ben fatta. Dipende dunque
dalle intenzioni che sottostanno al nostro comportamento. L’affermazione di
Sant’Agostino prosegue dicendo:
Ama e fa' ciò che
vuoi;
se taci, taci per
amore;
se correggi,
correggi per amore;
se perdoni, perdona
per amore;
abbi sempre in fondo
al cuore la radice dell'amore;
da questa radice non
possono che sorgere cose buone.
Sant’Agostino
ci invita a disciplinare l’amore, a purificarlo nella misericordia di Dio e a
sublimarlo nella carità. L’amore richiede regole, altrimenti –afferma Agostino
- ci sprofonda nei vizi, crea inquietudine, violenza, egoismo.
5.
L’amore è un’arte?
L’espressione
appartiene, come abbiamo già accennato, a Eric
Fromm. Egli è convinto che l’amore sia come un’arte: richieda totale
dedizione, conoscenza della teoria e graduale pratica. Nel suo libro indica tre
principali lezioni che dobbiamo accogliere per acquisire questa nobile arte:
-
Imparare a dare (non “cedere” in cambio di ciò
che si riceve, ma dare gratuitamente se stessi per sentirsi vivi, dare
gratuitamente);
-
Lasciare
liberi (rischiando per amore di non essere corrisposti: l’amore non può essere
imposto);
-
Essere
fedeli
6.
II parte: DIO, SORGENTE DELL’AMORE
Più che
amare Dio (rendendolo l’oggetto del nostro amore), dobbiamo imparare a
lasciarci amare da Dio (soggetto primo dell’amore) che ci ama per primo, che è
sorgente dell’amore.
La Bibbia può essere letta come una
appassionata e travagliata lettera d’amore nei confronti dell’umanità spesso
infedele perché preferisce a Dio gli idoli.
Come ama Dio? Con la tenerezza di un padre o
la misericordia di una madre; con la passione (e la gelosia) di un amante, come
uno sposo che ama in modo fedele, fecondo e per sempre la sua sposa.
Dio è amore, è per sua essenza amore, ha
creato ogni cosa (e l’umanità creata a sua immagine) per amore.
Gesù Cristo, Figlio di Dio, è “l’icona
vivente dell’amore”, colui che ci rivela un Dio che è Padre, che è amore
misericordioso, colui che ci dimostra che l’amore umano e l’amore divino
possono (e devono) convivere perché l’uomo si realizzi in pienezza. E’ Gesù che
ci mostra cosa sia veramente l’amore e lo fa donando se stesso sulla Croce,
invitandoci ad amare anche i nemici, a superare ogni limite per amare in modo
illimitato, divino.
Come ama Gesù? Ama tutti (anche i nemici, nel
perdono); ama per primo (correndo anche il rischio di non essere ricambiato);
ama anche quando costa (sino alla fine); si lascia amare; morendo in croce Gesù
riempie di amore la more, sconfiggendola; non teme i conflitti; ci invita alla
gioia piena; prega il Padre per l’unità.
Lo Spirito Santo è la forza dell’amore, colui che
unisce, crea comunione, riconcilia.
La Trinità è l’espressione dell’amore
perfetto. Dio, essendo amore, non può essere solo, ma comunione di persone che
si amano (dove il Padre è per essenza l’Amante, il Figlio l’amato, lo Spirito
Santo l’amore), che vivono l’uno per l’altro (e 1x1x1 fa 1: creano una perfetta
unità). Nell’umanità è la chiesa e la famiglia (“chiesa domestica”) a poter
offrire l’immagine trinitaria dell’amore: unita nell’amore, ma senza negare le
differenze che caratterizzano ogni individuo (unità nella distinzione, non
nell’uniformità).
7.
Obiezioni classiche:
-
se Dio ci ama, perché permette il
male innocente?
E’ la
questione tornata alla ribalta con l’affermazione (pubblicitaria?) di Veronesi per cui il suo ateismo è
motivato dalla malattia del cancro. Entra in gioco un’onnipotenza nell’amore
(cioè limitata dal bene) e di un mondo in evoluzione, che per definizione
evolve, non è in partenza perfetto, ma perfettibile, fragile, creaturale, limitata
e segnata da malattie e morte. Interessante è anche un recente film, The Giver, il mondo di Jonas, dove la
perfezione del mondo (privato di violenza, malattia e apparentemente della
morte) è ottenuta per mezzo della tecnologia, ma a prezzo di privare l’umanità
di libertà e di amore, cioè rendendo ogni individuo un ingranaggio del sistema
“perfetto” (in cui ogni imperfezione è bandita alla nascita, nascosta).
-
Se Dio è amore, perché ha voluto
la morte del Figlio?
Cosa vuole
Dio? Solo il bene, l’amore, il donarsi. E questo può passare anche attraverso
sacrifici, dolore, morte.
8.
III parte: la risposta dell’uomo
all’amore di Dio (l’amore
umano che si incontra col divino)
-
Amore e fede (“noi abbiamo creduto all’amore di Dio” 1Gv): credere all’amore di
Dio ci apre all’amore (non solo per Dio che ci ama, ma innanzitutto per gli
altri da amare, da coinvolgere in questo processo di amore).
Lewis (l’autore delle Cronache di
Narnia), ha scritto anche un singolare romanzo dal titolo “Le lettere di Berlicche”, lettere che un anziano diavolo per
istruire un inesperto diavoletto. Un dilemma irrisolto è costituito per questi
diavoli dal fatto che il Nemico (Dio) ami veramente “i vermi umani e desideri
la loro libertà”. E’ possibile? C’è un inganno sicuramente! Cosa ci guadagna?
E’ il dubbio che arrovella anche noi: ci crediamo veramente all’amore che Dio
ha per ciascuno di noi? Tradimenti e ferite ci hanno resi scettici e cinici
sulla possibilità di tale amore (anche umano)?
Il Vangelo
(= buona notizia fonte di gioia) consiste proprio in questo annuncio che
dobbiamo accogliere e condividere (è lo spunto su cui mi sto muovendo per un
eventuale prossimo libro: “I Vangeli dell’amore”): Dio ci ama e il Figlio è
venuto a mostrarci e farci sperimentare questo amore che è più forte della
morte stessa e che dunque ci apre alla vita eterna.
-
Amore e conoscenza (“Gli uomini e le cose umane bisogna conoscerle per amarli. Dio e le cose
divine bisogna invece amarle per conoscerle” Pascal). Amando (concretamente
il prossimo) conosciamo Dio (“Chi non ama
non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” 1 Gv.).
9.
La vocazione dell’uomo all’amore:
la prima
chiamata, comune a tutti, è quella ad amare (solo Dio in modo assoluto e
insieme anche universale. Per l’individuo: o preferibilmente l’uno o l’altro).
Qual è la nostra risposta a questa chiamata? E’ in gioco la nostra stessa vita:
se amiamo viviamo (in eterno); se non amiamo siamo morti viventi, zombi che
cercano di succhiare l’anima ai viventi rendendoli altri zombi. Cantalamessa propone
l’immagine dei due laghi formati dallo
stesso fiume Giordano: il primo – il lago di Tiberiade - è aperto (fa
defluire le acque che proseguono il loro corso) ed è tra i più pescosi della
terra; il secondo – il mar morto – è chiuso, salato, privo di vita.
La castità è una condizione essenziale per
amare: la castità lascia libero l’altro. Bisogna vivere una castità
pre-matrimoniale, ma anche una castità matrimoniale, perché non si parla tanto
di “continenza”, ma di rispetto, di donazione, di mancanza di doppi fini, di
autenticità.
La Chiesa riconosce due categorie
di vocazioni particolari: il matrimonio o la vita consacrata, entrambi spinti e volti ad
amare (attraverso una persona o una comunità con cui vivere il comandamento
dell’amore reciproco per amare Dio e il prossimo). L’amore non può rimanere una
dimensione individuale, ma divenire ecclesiale: la Chiesa è infatti una comunità imperfetta (perché composta di
peccatori) che tende a vivere il perfetto amore (che è Dio che la convoca e la
guida verso questo ideale). La Chiesa, ci ripete spesso anche Papa Francesco, è
nostra Madre e come tale và non solo rispettata, ma amata aldilà delle sue
rughe e dei suoi difetti; la Chiesa è una famiglia composta di tante famiglie,
dove queste si alimentano e si aprono all’umanità da amare.
10.
Il comandamento ad amare
L’amore si può comandare? Se comprendiamo che l’amore non
è solo un sentimento spontaneo, ma è frutto anche dell’intelletto e della
volontà, allora può essere “comandato” da Dio. E’ Lui che ci rende capaci di
amare e ci ha creati in modo tale che la nostra realizzazione si compia solo
amando. Allora ci comanda di essere veri, vivi, felici e questo è possibile
solo se impariamo ad amare.
C’è una
“processione” dell’amore che deve essere accolto e trasmesso ad altri (come un
testimone). Dice Gesù: “Come il Padre ha
amato me, così io ho amato voi” (Gv 15,9). “Come io vi ho amato, così amatevi” - e non amatemi – “anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34).
Il comando
indica anche la fatica: dobbiamo
acquisire una disciplina, dobbiamo, per amare, combattere il peccato e la
tentazione (di non amare, di chiuderci in noi stessi). Questa fatica ci fortifica
e ci libera divenendo tutt’altro che oppressiva.
Amare Dio e amare il prossimo: due comandamenti che Gesù ha
unito. Perché non si può amare Dio se non amiamo gli altri e non si può amare
gli altri se non attingiamo le energie dall’amore preveniente di Dio.
L’immagine patristica del cerchio con i
raggi aiuta a comprendere la correlazione tra i due comandamenti: più i
raggi (ciascun individuo) sono vicini al centro (Dio) più sono vicini tra loro.
E più si avvicinano agli altri, più si avvicinano a Dio. E’ – seguendo Gregorio
Magno - come un albero in cui le radici (l’amore divino) sono importanti come
la chioma (l’amore umano). Dio non ci ama per essere riamato (amore erotico a
corto circuito: io amo te, tu ami me), ma per amare il prossimo (amore agapico,
a circuito aperto).
Amare Dio (“con tutto il cuore, con tutta
l’anima, con tutta la mente”: và amato con tutto noi stessi, senza
schizofrenia, senza compartimenti stagni: con i sentimenti, con la volontà, con
l’intelletto).
Amare il prossimo (cioè colui a cui tu ti fai
prossimo, vicino): il prossimo è chiunque ti passa accanto, senza limitazioni,
anche il nemico!. “Amare gli amici lo
fanno tutti, i nemici li amano solo i cristiani” (Tertulliano). Questo
amore richiede un cammino di purificazione che parte dal pregare per coloro che
ci fanno del male (per affidarlo a Dio che possa convertirlo, ma soprattutto
per vederlo con gli occhi di Dio), per arrivare, come meta ed ideale, al
perdono. Come ha fatto Gesù e una schiera di santi.
Come se stessi: presuppone che impariamo ad amare
anche noi stessi. Non è egoismo volere il nostro bene (mentre spesso
desideriamo ciò che ci fa male, il vizio), ma presupposto per amare gli altri
(se ci disprezziamo, se non ci accettiamo non possiamo amare gli altri).
L’egoismo non è l’amore per sé stessi, ma la chiusura in sé stessi. Dio ci ama
così come noi siamo in realtà: amarsi significa dunque accettarsi così come Dio
ci ha già accettati, senza rassegnazione o autopietismo, ma traendo da questa
accettazione la spinta per migliorarci (noi siamo più della somma degli sbagli
commessi, siamo più dei fallimenti).
Come io vi ho amati: un terzo
comandamento? Seguo un
articolo di Fabio Ciardi dal titolo
“La parabola dei tre comandamenti” in
cui rilegge la storia della Chiesa in tre momenti caratterizzati (non in
maniera esclusiva) dai tre comandamenti dell’amore: un primo tempo in cui viene
sottolineato l’amore per Dio (con le spiritualità monastiche: le radici
dell’albero), poi l’amore per il prossimo (da San Francesco in poi: il fusto
dell’albero che cresce) e, dal secondo dopoguerra (o dal Concilio Vaticano II)
l’amore reciproco con la riscoperta della dimensione comunitaria e trinitaria
della vita cristiana (la chioma con i frutti dell’albero).
Il fratello
non è colui da cui fuggire, né colui da servire (oggetto di carità), ma colui
che conduce a Dio, che ci fa sperimentare l’amore trinitario. E’ lui a condurci
a Dio, è in lui che scopriamo la presenza di Cristo.
Si sviluppa
così la “spiritualità di comunione” del
nuovo millennio che fa della Chiesa la casa e la scuola della comunione
(Giovanni Paolo II, Nuovo Millennio Ineunte). Non ci si fa santi da soli
(spiritualità individualistica), ma insieme, in una santità di popolo.
11.
Caratteristiche (ideali)
dell’amore (cristiano): ogni ideale si pone di fronte a noi, lontano, ma luminoso: indica
la strada, la meta. Per quanto distante è lì che dobbiamo tendere e mai da lì
allontanarci.
-
Si lascia amare da Dio (sorgente dell’amore): per
donare dobbiamo anche ricevere. “Quando
una cosa non và con il tuo prossimo – consiglia Hanna Hurnard – smettila di parlarne con la tua testa,
mettiti invece a parlare del tuo problema direttamente con Dio”.
-
Ama per primo (“se in un ambiente non c’è amore, semina l’amore, spunterà l’amore”
S. Giovanni della Croce)
-
Ama tutti (di un amore universale
e personale): senza
discriminazioni, ma con un amore preferenziale per i poveri, per gli ultimi.
-
Vede e ama Gesù nel prossimo (cerca di vedere il prossimo con
gli occhi di Dio che non si ferma ai difetti, come spesso facciamo noi, ma sa
scorgere delle potenzialità anche nelle persone più abiette, un figlio amato,
tanto più perché smarrito e lontano).
-
E’ pronto a perdonare (“70 volte 7”), dare fiducia,
credere nella possibilità di rinnovarsi.
-
Ama in modo sincero (vero, autentico): la benevolenza
viene prima della beneficienza. La carità ipocrita è quella che fa il bene
senza voler bene.
-
Ama in modo concreto
-
Ama senza giudicare (cioè senza condannare il
peccatore con il peccato). Piuttosto “gareggiate
nello stimarvi a vicenda” (Rm 12), minimizzando i nostri pregi e i difetti
altrui (e non, come di solito capita, facendo il contrario). “Non sparlate” (Gc 4): il pettegolezzo,
il gossip, avvelena l’aria che respiriamo, uccide le relazioni sociali
fraterne.
-
Ama donando (“Date e vi sarà dato” Lc 6,38). Nota Cantalamessa: se cerco di
“prendere” dall’altro, ciò che egli da ad altre persone lo sento come sottratto
a me e gli altri risultano come potenziali nemici. Se cerco di “dare”, se il
mio scopo è dare felicità all’altro, le sue (buone) relazioni ed amicizie sono
per me motivo di gioia.
12.
Concludendo
-
L’amore è Dio? Tra l’amore e Dio c’è
equiparazione, totale convergenza (per cui ogni volta che amo sperimento la
presenza di Dio) o solo relazione, analogia? Feuerbach tentò questo rovesciamento divinizzando l’amore
(innalzandolo ad idolo), ma escludendo Dio, perché non ci sarebbe bisogno di
Lui per amare. Per i cristiani invece Dio è amore (e non l’amore): fonte
dell’amore, sua causa originaria. Detto questo, Mancuso invita a porre il Bene come principio assoluto che muove
Dio (che è Amore): non può Dio volere qualcosa che contraddice la sua essenza.
Prosegue: “parole come fedeltà, onestà,
sincerità, rispetto, vengono comprese e vissute da ognuno allo stesso modo”
per cui c’è una base comune, un sentire comune che definisce il Bene. Esso non
è appannaggio degli umori del singolo individuo. Non per niente tutte le
principali religioni del mondo hanno in comune, seppur con espressioni
differenti, quella che è chiamata la Regola
d’oro e che Gesù esprime in maniera positiva affermando: “Fai agli altri quello che vorresti fosse
fatto a te”. Mancuso - e prima di lui un altro teologo “eterodosso”, Hans
Kung, - cerca di fondare un’etica mondiale e interreligiosa sul concetto
universale di Bene, impresa delicata e pericolosa, ma non priva di fascino e di
possibili positive implicazioni.
Un legame
stretto tra amore e Dio è indicato anche dalla celebre canzone “Dov’è carità e amore lì c’è Dio”. “Ubi caritas et amore Deus ibi est” è un
inno composto nel IX secolo. Unisce non solo Dio e l’amore, ma la carità e
l’amore, quasi a dire che Dio è presente là dove l’iniziativa divina (la
carità) si incontra con l’agire buono degli uomini (l’amore). Per cui più che
affermare che l’amore è Dio, possiamo affermare che dove c’è sincero amore, lì
Dio è presente, si rende comprensibile, può agire liberamente.
-
Solo l’amore resta: espressione presente nel testo
paolino dell’Inno della Carità, lì dove conclude: “La carità non avrà mai fine” (1 Cor.13). In maniera simile S. Teresa
d’Avila afferma: “Tutto passa, Dio solo
resta” (e con lei, S. Elisabetta della Carità: “Alla sera della vita resta solo l’amore”). In ogni caso è credo
della Chiesa che, dopo la morte, rimane di noi l’amore vissuto concretamente, siamo
destinati a quella “comunione dei Santi” che riguarda ogni defunto accolto (e
purificato) dalla misericordia del Padre.
-
L’esperienza dei santi e di tre
donne che nel XX
secolo hanno espresso il “genio femminile” in tre modalità di vita diverse: la
prima, Etty Hillesum (1914-1943), è celibe
ed ebrea; la seconda, Chiara Lubich (1920-2008)
è una donna consacrata, fondatrice di uno dei più importanti movimenti
ecclesiali, il “movimento dei Focolarini o Opera di Maria”; l’ultima, Chiara Corbella (1984-2012) è stata
moglie e madre: tre condizioni diverse per tre storie diverse che hanno in
comune l’amore per la vita e per Dio. Ancora una donna (o meglio dire la Donna)
che è maestra d’amore è Maria. Con
lei concludo questo lavoro, non senza aver risposto ad una ultima, decisiva
domanda:
-
Perché io,
un prete molto limitato, ho osato parlarvi d’amore? Rispondo:
Ciò che mi ha spinto è la fiducia – anch’essa lacunosa - in Colui
che è la sorgente e il maestro che ci insegna ad amare. Io sono un discepolo
che fatica a seguire e a mettere in pratica le sue indicazioni. Conosco la
teoria e ben poca pratica. Tuttavia sono convinto che sia questa la strada per
rendere piena la nostra vita, così come sono convinto che la meta che ci viene
indicata è favolosa e giustifica la fatica che ciascuno di noi fa nel
percorrere questa scalata.
Io Credo che Dio è
Amore, che è come un Padre che ci ama di un amore personale, totale e
universale. Credo che Dio voglia che noi ci amiamo tutti, vicendevolmente (come
Lui ci ama). Credo che Dio abbia creato ogni cosa per amore. Credo che ci abbia
creati per amore e per amare. Credo nell’Amore.
Credo in Gesù Cristo, l’amato Figlio di Dio, incarnato e venuto
per indicarci la strada e donarci gli strumenti per vivere in comunione tra noi
e con Dio.
Credo nello Spirito Santo, che è Amore donato a tutti noi, forza
che rende capaci di amare in modo divino.
Credo che il male non contraddica l’amore di Dio, ma che sia parte
del caos che evolve nel bene (se noi contribuiamo, con la spinta di Dio, in
tale direzione). Credo inoltre che Dio ci voglia a tal punto bene da lasciarci
liberi anche di rifiutare il suo amore agendo male e facendo del male.
Credo nella civiltà dell’amore da costruire amandoci e che questa
civiltà dell’amore sia un sinonimo del Regno dei cieli annunciato e inaugurato
da Gesù Cristo.
Credo nella dignità di ogni essere umano in quanto amato da Dio e
dunque da amare come è amato da Dio. Credo di conseguenza nella dignità di ogni
vita e che questa vada rispettata e difesa dal suo nascere alla sua morte
naturale.
Credo nella verità e nella giustizia, nella solidarietà e nel
perdono, nella benevolenza e nella beneficenza, nella misericordia e nella pace
e credo che tutti questi siano sinonimi dell’amore.
Credo nella potenza della preghiera che ci unisce a Dio e ci
riempie del suo amore rendendoci migliori e più forti.
Credo che nella Bibbia possiamo rintracciare la Parola di Dio.
Credo che nei testi sacri Dio abbia scritto la sua lettera d’amore rivolta a
tutti noi per insegnarci ad amare.
Credo la Chiesa che, come madre, ci ha dato la vita, ci sostiene e
ci guida. Credo che come ogni madre ha le sue rughe e i suoi difetti, anch’essi
da amare. Credo che la Chiesa siamo noi, santi per vocazione e peccatori. Credo
che come Chiesa dobbiamo amarci e formare una sola famiglia radunata da Dio al
comune scopo di imparare ad essere “un
cuor solo e un’anima sola” e di testimoniare l’amore vivendolo in prima
persona.
Credo nella potenza dei Sacramenti, istituiti da Gesù Cristo per
sostenerci nella vita e offrirci gli strumenti indispensabili per amarci nelle
diverse situazioni in cui ci troviamo.
Credo che i Santi abbiano realizzato – ciascuno in modo originale
– il comandamento dell’amore e abbiano molto da insegnarci.
Credo nella vita eterna che è partecipazione all’amore trinitario a
cui siamo tutti destinati. Credo che vedremo Dio “faccia a faccia” e che in Lui
ritroveremo tutti coloro che abbiamo amato.
Credo che tutto passi e che solo l’amore non avrà mai fine.
Amen.
ITINERARIO SULL’AMORE
-
introduzione
(questioni e fonti principali)
-
psicologia
dell’amore: l’amore è fondamentale, le ferite dell’amore (nascono già in
famiglia), le devianze (lo stalking e il femminicidio: quando l’amore uccide),
gli istinti, le emozioni e i sentimenti, l’uomo è corpo, psiche e spirito, le
distinzioni tra infatuazione, innamoramento e amore nella vita di coppia.
-
fisiologia
dell’amore: sessualità (e genitalità), ideologia gender (chimica dell’amore)
-
sociologia
dell’amore: “è ancora possibile amare?”. Statistiche; Il ’68; Fromm; Bauman e
l’amore liquido; epoca del divertimento e del culto delle emozioni;
-
il diritto,
l’etica e l’amore: basta amare? Matrimonio omosessuale e altre forme di amore.
Tutto è lecito?
-
pedagogia
dell’amore: educazione sessuale e l’arte di amare. Qual è l’età giusta per fare
l’amore?
-
Filosofia
dell’amore: eros/ philia e agape; Platone; Pascal (“il cuore ha le sue ragioni
che la ragione non conosce”)…
-
Patristica
dell’amore: Agostino (“Ama e fa ciò che vuoi”), Anselmo, Eloisa e Abelardo…
-
La Bibbia e
l’amore (premesse; Genesi: creazione dell’umanità; profeti: Dio innamorato
dell’umanità…)
-
Teologia (dogmatica)
dell’amore (Dio/ Gesù Cristo/ Spirito Santo: le specificità delle tre persone
divine nell’amore e l’amore nella Trinità)
-
Teologia
(dogmatica) dell’amore: l’amore e il male innocente; l’amore e la Croce
-
Teologia
(fondamentale) dell’amore: fede e amore; conoscenza e amore
-
Teologia
(morale) dell’amore: castità e rapporti sessuali; matrimonio, separati
risposati e convivenze. Vocazione e
amore. Comandamenti ad amare.
-
Spiritualità dell’amore (ed
esempi concreti di Santi, maestri dell’amore).
-
Arte e amore;
Cinema e amore; Letteratura e amore (Dante,
-
Storia della
teologia dell’amore (teologia protestante e cattolica)
[1] Sperimentiamo tutti le contraddizioni legate
all’amore: difficoltà, conflitti, incomprensioni, gelosie, tradimenti. L’amore
ferito, se non curato e sostenuto dalla volontà e dalla ragione, può deperire e
morire. L’amore ferito ci espone al dolore, alle sofferenze, in casi estremi,
purtroppo molto diffusi, alla violenza, al sopruso e a tante deviazioni e
perversioni.
Sperimentiamo
tutti le inadeguatezze nostre e altrui, le incapacità nostre e altrui di amare
e di lasciarci amare. Dobbiamo fare i conti con paure e limiti che ci rendono
(o ci lasciano) egoisti, gelosi, insofferenti e intolleranti. Per mendicare un
po’ di amore, cioè per non sentirci soli, ci si può prostituire, “svendendo” il
proprio corpo o la propria volontà e dignità alle esigenze dell’altro pur di
tenerlo vicino, per non farlo scappare. Si può estorcere il consenso
dell’altro, ma anche in questo caso rimane la violenza psicologica che deforma
l’amore in un atto criminale o comunque perverso.
[2]
Benedetto XVI, Messaggio per la XXII GMG
(1.4.2007)
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