L’amore è una realtà meravigliosa,

è l’unica forza che può veramente trasformare il cosmo, il mondo!

(Benedetto XVI)



domenica 30 novembre 2014

2.3 L’amore al tempo dei baci perugina

C’è chi , riprendendo in altro modo il concetto di amore liquido, ha utilizzato anche l’immagine dei Baci perugina[1]:  l’amore è oggi, per molti, un’esperienza simile a quella che possiamo fare con questi celebri cioccolatini ricoperti da frasi che celebrano l’amore:
lo scarti, lo mangi in un boccone, ne assapori la dolcezza, leggi il cartiglio e forse un po’ ti commuovi, e poi dopo cinque minuti te ne sei già scordato e ne cerchi un altro.
Un amore dunque che manca di progettualità a due, caratteristica invece propria del matrimonio, un amore che vive del carpe diem e che infatti dura la breve vita di un’emozione. L’amore non è più associato a grandi desideri – i sociologi ci sconfortano dicendo che i ragazzi non sognano più – ma si consuma appariscente e fulminante come un fuoco di artificio. E’ dunque il primato del sentimento: amare è sentire, è provare la gratificante sensazione epidermica che qualcuno ti desidera e corrisponde al tuo affetto. (…) La convivenza è cosa buona perché è un po’ come quando desideri acquistare un’auto e vai a provarla dal concessionario per verificare se non ha difetti, se fa per te. E il giorno che esce un modello nuovo, beh basta rottamare il convivente, pardon l’auto.
Il matrimonio, si badi bene, è ancora apprezzato come istituzione ma è sempre più inteso come strada inevitabile dal sapore un po’ borghese: guscio vuoto da riempire con molto affetto. Se questo finisce anche il matrimonio deve finire. Ed infatti si è a favore del divorzio.
Molti adolescenti e giovani, anche quelli di 54 anni a dire la verità, vivono allora senza saperlo la sindrome dello specchio: dicono “Ti amo”, ma in realtà stanno dicendo “Quanto è bello essere amati da te”. Riflettono cioè l’affetto dell’altro come se fossero uno specchio. Ma appena la dolce metà spegne la radiosa luce del proprio affetto anche loro di conserva smettono di amare, chiudono i rubinetti del cuore. (…) Ma l’amore, come già ricordava Aristotele 2400 anni fa, è volere il bene dell’altro, decidersi per il suo bene, al di là dei sentimenti, anche e soprattutto quando questi sono belli che defunti. Chi dice quindi: “Lo sposo perché mi fa stare bene” e nulla più ha buone probabilità di cinguettare “Sì, lo voglio” all’altare e poco dopo “No, non lo voglio più” davanti ad un avvocato divorzista.
Ancora molti credono che l’amore sia cieco. Questo pazzo Cupido scaglia le sue frecce a caso, dicono in molti, non siamo noi a scegliere. In realtà è quasi banale rammentare che la persona con cui condividere tutta un’esistenza va scelta perché prima è stata conosciuta molto in profondità. La chiave è quindi nel fidanzamento, il più delle volte vissuto in modo svagato come una piacevole vacanza a Sharm. Molti fidanzamenti sono una cronaca di una morte annunciata proprio perché si scopre che l’altra metà è diversa da come ce lo eravamo immaginata prima di convolare a nozze. La conoscenza profonda dell’altro invece porta ad una certezza sulla propria scelta futura che nella prospettiva di fede si rinsalda ancora di più perché si arriva a percepire nel proprio intimo queste parole: “Lei è la persona che Dio ha scelto per te dall’eternità”. Da questa certezza poi a sua volta scaturisce il più bel progetto a due che possa esserci, il progetto di santità: “Ti donerò il Paradiso: voglio portarti in Cielo”.



[1] Tommaso Scandroglio, L’amore dei giovani al tempo dei Baci perugina, 14.2.2011, in www.labussolaquotidiana.it

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