C’è chi ,
riprendendo in altro modo il concetto di amore liquido, ha utilizzato anche
l’immagine dei Baci perugina[1]: l’amore è oggi, per molti, un’esperienza simile a quella che possiamo
fare con questi celebri cioccolatini ricoperti da frasi che celebrano l’amore:
lo scarti, lo
mangi in un boccone, ne assapori la dolcezza, leggi il cartiglio e forse un po’
ti commuovi, e poi dopo cinque minuti te ne sei già scordato e ne cerchi un
altro.
Un amore dunque
che manca di progettualità a due, caratteristica invece propria del matrimonio,
un amore che vive del carpe diem e
che infatti dura la breve vita di un’emozione. L’amore non è più associato a
grandi desideri – i sociologi ci sconfortano dicendo che i ragazzi non sognano
più – ma si consuma appariscente e fulminante come un fuoco di artificio. E’
dunque il primato del sentimento: amare è sentire, è provare la gratificante
sensazione epidermica che qualcuno ti desidera e corrisponde al tuo affetto.
(…) La convivenza è cosa buona perché è un po’ come quando desideri acquistare
un’auto e vai a provarla dal concessionario per verificare se non ha
difetti, se fa per te. E il giorno che esce un modello nuovo, beh basta
rottamare il convivente, pardon l’auto.
Molti
adolescenti e giovani, anche quelli di 54 anni a dire la verità, vivono allora
senza saperlo la sindrome dello specchio: dicono “Ti amo”, ma in realtà stanno
dicendo “Quanto è bello essere amati da te”. Riflettono cioè l’affetto
dell’altro come se fossero uno specchio. Ma appena la dolce metà spegne la
radiosa luce del proprio affetto anche loro di conserva smettono di amare,
chiudono i rubinetti del cuore. (…) Ma l’amore, come già ricordava
Aristotele 2400 anni fa, è volere il bene dell’altro, decidersi per il suo
bene, al di là dei sentimenti, anche e soprattutto quando questi sono belli che
defunti. Chi dice quindi: “Lo sposo
perché mi fa stare bene” e nulla più ha buone probabilità di cinguettare
“Sì, lo voglio” all’altare e
poco dopo “No, non lo voglio più”
davanti ad un avvocato divorzista.
Ancora molti
credono che l’amore sia cieco. Questo pazzo Cupido scaglia le sue frecce a
caso, dicono in molti, non siamo noi a scegliere. In realtà è quasi banale
rammentare che la persona con cui condividere tutta un’esistenza va scelta
perché prima è stata conosciuta molto in profondità. La chiave è quindi nel
fidanzamento, il più delle volte vissuto in modo svagato come una piacevole
vacanza a Sharm. Molti fidanzamenti sono una cronaca di una morte annunciata
proprio perché si scopre che l’altra metà è diversa da come ce lo eravamo
immaginata prima di convolare a nozze. La conoscenza profonda dell’altro
invece porta ad una certezza sulla propria scelta futura che nella prospettiva
di fede si rinsalda ancora di più perché si arriva a percepire nel proprio intimo
queste parole: “Lei è la persona che
Dio ha scelto per te dall’eternità”. Da questa certezza poi a sua volta
scaturisce il più bel progetto a due che possa esserci, il progetto di santità:
“Ti donerò il Paradiso: voglio
portarti in Cielo”.
[1]
Tommaso Scandroglio, L’amore dei giovani
al tempo dei Baci perugina, 14.2.2011, in www.labussolaquotidiana.it
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