Con il Cantico dei Cantici Dio ha donato al suo popolo un sentimento contagioso
di Pietro Citati, Corriere della Sera, 5 febbraio 2015
Israele nutriva un’immensa passione per Il Cantico dei Cantici: diceva che «il mondo intero non è degno del giorno in cui esso ci è stato donato da Dio». Tutti i libri della Bibbia erano santi, ma Il Cantico era il più santo di tutti: il più posseduto dal dono fisico della sacralità, che lo intingeva in ogni verso, sebbene parlasse, in apparenza, di una cosa profana, come l’amore. Nulla è meno profano dell’amore che possiede Il Cantico dei Cantici. Dio tenta di conquistare il suo
popolo: lo attira a sé con soavi legami di tenerezza, con indicibili vincoli d’amore. Dice ad Israele: «Io ti ho amato di un amore eterno, e perciò ti ho conservato la mia compassione». L’amore di Dio scende verso il suo popolo: diventa l’amore che l’uomo nutre verso la donna e la donna verso l’uomo; e poi risale, trasformandosi nella passione del popolo intero verso il suo Dio, senza che mai, nemmeno un attimo, venga dimenticato l’alone e l’impronta del sacro. Il dono meraviglioso del Cantico è proprio questo: il sacro impegna tutte le cose e le parole profane — il profumo di mirra, la lettiga, il combattente che impugna la spada, il baldacchino con le colonne d’argento, la tenerezza e i languori della vita quotidiana. I lettori cristiani del Cantico, lo hanno spesso spiritualizzato o allegorizzato, offesi dalla sua esuberanza fisica. Il Cantico è invece fisicissimo: quest’amore avviene nella natura: «Il nostro letto è lussureggiante; pareti della nostra casa sono i cedri, i nostri soffitti i cipressi».
I capelli dell’amata sono un gregge di capre, i denti un gregge di pecore: il ventre dell’amata è un mucchio di grano circondato da gigli, i suoi seni sono i cerbiatti; e la vite che germoglia, i fiori che sbocciano, i melograni a cui spuntano le gemme sono i più frequenti segni amorosi. Nell’amore del Cantico sono presenti tutti i sensi. L’amore è la totalità dei sensi, ognuno dei quali è portato all’estremo dalla propria intensità: tema che non raggiungerà mai più questa violenza. Ogni sensazione supera sempre di nuovo se stessa, come se non ci potesse essere un fine: poi tutti i sensi si riuniscono e si rafforzano a vicenda. L’amore è odorare il profumo, cibarsi del miele, bere il vino e il latte. Ognuna delle due figure amorose si precipita sull’altra, si ciba dell’altra, si sazia dell’altra. «Dammi da bere i baci della tua bocca, / le tue carezze entusiasmano più del vino / è bello i tuoi profumi respirare». «Cos’è che sale dal deserto / come una colonna di fumo, / esalando profumo di mirra e di incenso / e di ogni essenza esotica?». L’amore è, sovranamente, profumo: odorare il profumo, cibarsi del profumo, scambiare il proprio profumo con quello della persona amata e persino di Dio, perché anche Dio è profumo, il profumo dei profumi. Tutti i possibili aromi sono enumerati: il nardo e lo zafferano, la cannella e il cinnamomo, l’incenso, la mirra e l’aloe: tutte le essenze balsamiche, pure e impure. Come è naturale, vengono alla mente i Fiori del male; è la stessa idea fisica e leggerissima dell’amore. Dio e il suo popolo formano un duetto squisito: esso si ripete nel duetto tra l’amata e l’amato, che si appartengono totalmente. «Il mio amato è mio / ed io sono sua, / di lui che pasce il gregge tra i gigli».
Il possesso reciproco nasce dalla ininterrotta donazione reciproca: Dio diventa uomo, l’uomo diventa Dio, il maschio insegue la femmina, la femmina insegue il maschio, lo spirito è il corpo, il corpo è lo spirito. Tanto l’amato quanto l’amata sono vasti e aperti come la natura universale: non hanno limiti; eppure, al tempo stesso, sono (specialmente l’amata) chiusi: «Un giardino chiuso sei, / un giardino chiuso, una sorgente sigillata». I loro rapporti sono strettissimi, come quelli tra fratello e sorella, tra figlio e madre, amico e amica, sposo e sposa: tutte le figure amorose si attraggono e si identificano; legate da un fascino che avvince ogni momento e costituisce insieme una meraviglia e un pericolo. «Distogli da me i tuoi occhi, / perché mi stregano». Questo fascino è un sigillo. «Pònimi come un sigillo sul tuo cuore, / come un sigillo sul tuo braccio». La conclusione, se di conclusione si può parlare, viene subito dopo. «Forte come la Morte è l’Amore, / inesorabile come gli inferi la passione: / le sue scintille sono scintille ardenti, / una fiamma divina. / Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi sommergerlo». Nulla è più tremendo dell’Amore: se è forte come Dio e la Morte, inesorabile come le fiamme del cielo e degli inferi.
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