Molti teologi del
passato distinguono nettamente l’amore in due estremi: da una parte l’amore
puramente umano, terreno, volto al bene personale e caratterizzato da
perversioni, egoismo, cupidigia o libidine, disordine morale, perversioni,
impurità, turbolenze, litigiosità, invidie, violenze, possesso. Dall’altra
parte abbiamo l’amore divino o spirituale, volto al bene dell’altro e al bene
comune e caratterizzato da oblatività, purezza, pacatezza, rispetto. L’uomo è
chiamato da Dio ad arrivare al secondo amore attraverso la disciplina, la purificazione,
la carità, la fede[1].
Jeanrond nel capitolo V del suo recente saggio Teologia dell’amore[2] analizza, in ambito protestante,
quattro approcci teologici all’amore diversi ma collegati dalla convinzione che
l’amore divino, l’agape, deve essere l’unico criterio per qualsiasi
considerazione dell’amore umano, fondamentalmente erotico e inappropriato se
non in unione con quello divino.
Il secondo autore preso in esame è il teologo e pastore svedese, Anders
Nygren (1890- 1978), il cui testo, Eros e
agape, è stato il libro teologico che ha avuto maggior successo e influenza
nel XX secolo. In tutto il mondo schiere di studenti di teologia hanno appreso
dal libro di Nygren che l’amore cristiano, l’agape divina, si oppone radicalmente
al concetto greco dell’eros e dunque dell’amore umano. Nygren desidera
presentare l’eros come la forma umana di amore egocentrico e desideroso che si
sforza di raggiungere la sfera divina con le sue sole forze; e raccomanda
l’agape come quella forma di amore che ha la sua origine in Dio e quindi
richiede un atteggiamento umano ricettivo e passivo. Un atteggiamento erotico
si concentra su qualcosa che per noi esseri umani è molto attraente e prezioso
e provoca quindi in noi i desideri, mentre l’agape è rivolta a ciascun essere
umano e come tale crea valore in quello stesso essere.
Il terzo autore è Karl Barth (1886-1968), celebre teologo e pastore
svizzero, il quale da una parte segue la dicotomia principale di Nygren tra il
desiderio umano e l’amore divino, dall’altra la modifica in modo significativo:
l’amore cristiano viene da Dio attraverso Cristo. Ne consegue la potenzialità
umana di amare come opera dello Spirito Santo.
Jeanrond conclude la rassegna analizzando la cristologia dell’amore di Eberhard
Jungel (1934-), teologo tedesco contemporaneo che parla, anch’esso, dell’amore
“dall’alto”, inserendolo nel suo progetto di teologia sistematica cristologica
e trinitaria[3].
La novità che apporta è che l’amore include e integra il desiderio, riconoscendo
così la dimensione erotica in tutto l’amore autentico.
Tutti e quattro i pensatori portano avanti e sviluppano ulteriormente la
concezione cristologica dell’amore in Lutero[4] come
pure la separazione dottrinale da lui operata tra amore umano e amore genuinamente
cristiano, con l’intento di ricavarne l’amore autenticamente cristiano distinto
da altri amori. In tutti i casi l’amore divino è la misura attraverso la quale
viene valutato l’amore umano. L’amore di Dio che si dona, evidente in Gesù
Cristo e nello Spirito, definisce l’amore una volta per tutte. L’amore
cristiano è giusto; l’amore romantico, l’amore di sé, il desiderio e le brame
umane sono sbagliati. Tutte le forme umane di amore, segnate dal peccato
originale, necessitano di essere sottomesse e propriamente purificate dalla
dottrina cristiana.
In ambito cattolico[5] si
afferma ugualmente che l’amore autentico ha origine in Dio, tuttavia si
riconosce il potenziale dell’amore umano e del desiderio come dono divino
capace di condurre gli esseri umani più a fondo nel mistero divino e umano
dell’amore.
Il teologo statunitense di origine tedesca Paul Tillich (1886-1965) ha
più volte trattato il tema dell’amore nell’ambito del suo pensiero ontologico.
In particolare nel suo testo “Amore,
potere e giustizia” (1954) riflette sul fatto che l’amore riguarda sia
l’emozione sia l’azione umana. Tillich attribuisce all’amore un potere unitivo:
gli esseri umani sperimentano un forte desiderio di vincere l’alienazione
reciproca, ma anche l’alienazione da se stessi. L’amore è più dell’emozione,
della passione e del piacere, ma tutto ciò contribuisce a giungere all’amore,
cioè all’unione con ciò che appaga il desiderio[6].
Il gesuita tedesco Karl Rahner (1904-1984) è ampiamente riconosciuto
come uno dei principali teologi cattolici del XX secolo. Egli identificava
l’amore come il dono supremo di Dio e lo scopo di tutta l’esistenza umana.
Nell’amore l’essere umano può diventare più pienamente umano, pienamente io[7].
Un accenno lo meritano anche il filosofo olandese di origine
sudafricana, Vincent Brummer (1932- ), che nel suo libro “Il modello dell’amore[8]”
prende in esame le potenzialità dell’amore al servizio del discorso cristiano
come un modello cruciale per la comprensione relazionale della fede in Dio, e
il filosofo francese Jean-Luc Marion che ha trattato l’amore in due opere
importanti, Prolegomeni della carità
e Il fenomeno erotico[9].
[1] Cf.
Agostino, De gen. Ad litt., 11,15
[2] W.G.
Jeanrond, Teologia dell’amore,
p.121-151
[3]
Cfr. E. Jungel, Dio, mistero del mondo.
Per una fondazione teologica del Crocifisso nella disputa tra teismo e ateismo,
Queriniana, Brescia, 1982.
[5]
Seguiamo il cap. VI della Teologia
dell’amore di W.G.Jeanrond, p.153-190.
[6]
Cf. P.Tillich, Teologia sistematica 3,
Claudiana, Torino 2003: “Vi è un punto di
identità di tutte queste qualità dell’amore che giustifica la loro traduzione
con “amore”. Tale punto comune è l’impulso verso la riunione dei separati, che
costituisce la dinamica interna della vita. In questo senso l’amore è uno e
indivisibile” (p. 150).
[8] V. Brummer, The Model of Love. A study in Philosophical Theology, Cambridge
University Press, 1993.
[9]
J.L. Marion, Il fenomeno erotico,
Cantagalli, Roma 2007 (or. 2003) e Prolegomenes
a la charite, La difference, Paris 1986.
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