«Amare
è bene; saper amare è tutto»[1].
Erich Fromm, noto psicoanalista e scrittore tedesco, pubblicò nel 1957 “L’arte di
amare”[2]. In
questo celebre saggio avverte subito i lettori che non intende offrire un
manuale di sessualità, piuttosto dimostrare che amare è un’arte e che, come
tale, si apprende attraverso la disciplina, lo sforzo e la saggezza. Per molti
non è così: l’amore è visto piuttosto come una esperienza fortuita, di cui si
può apprendere a priori ben poco. E questa convinzione è, secondo l’autore,
causata da alcune premesse:
1. “La maggior parte della gente ritiene che amore significhi "essere
amati", anziché amare; di conseguenza, per loro il problema è come farsi
amare, come rendersi amabili, e per raggiungere questo scopo seguono parecchie
strade.
Una, preferita soprattutto dagli uomini, consiste
nell'avere successo, nell'essere ricchi e potenti quanto lo possa permettere il
livello della loro posizione sociale. Un'altra, seguita particolarmente dalle
donne, è di rendersi attraenti, coltivando la bellezza, il modo di vestire,
ecc. Una terza via, seguita da uomini e donne, è di acquisire modi affabili, di
tenere conversazioni interessanti, di essere utili, modesti, inoffensivi. Molti
dei modi per rendersi amabili sono gli stessi impiegati per raggiungere il
successo, per "conquistare gli amici" e la gente importante. Come
dato di fatto, quel che la gente intende per "essere amabili", è
essenzialmente un insieme di qualità”[3].
2.1
Nella nostra cultura consumista si desidera
acquistare tutto ciò che ci si può permettere. Così è anche nell’amore: si
cerca il massimo che possiamo permetterci e tale massimo, in termini di
“attrattiva” è molto legato alla moda del momento. “A questo modo due persone
si innamorano, certe di aver trovato sul mercato l'oggetto migliore e più
conveniente, considerando i limiti dei loro valori di scambio”[5].
3. “Il terzo errore che porta alla convinzione che non vi sia nulla da
imparare in materia d'amore, è la confusione tra l'esperienza iniziale
d'innamorarsi e lo stato permanente di essere innamorati. Se due persone che
erano estranee lasciano improvvisamente cadere la parete che le divideva, e si
sentono vicine, unite, questo attimo di unione è una delle emozioni più
eccitanti della vita. È ancora più meravigliosa e miracolosa per chi è vissuto
solo, isolato, senza affetti. Il miracolo di questa intimità improvvisa è
spesso facilitato se coincide, o se inizia, con l'attrazione sessuale. Tuttavia,
questo tipo di amore è per la sua stessa natura un amore non duraturo. Via via
che due soggetti diventano bene affiatati, la loro intimità perde sempre di più
il suo carattere miracoloso, finché il loro antagonismo, i loro screzi la
reciproca sopportazione uccidono ciò che resta dell'eccitamento iniziale.
Eppure, all'inizio, essi non lo sanno; scambiano l'intensità dell'infatuazione,
il folle amore che li lega, per la prova dell'intensità del loro sentimento,
mentre potrebbe solo provare l'intensità della loro solitudine”[6].
Di fronte agli innumerevoli fallimenti che si subiscono nei rapporti
amorosi, dobbiamo innanzitutto convincerci che “l'amore è un'arte così come la
vita è un'arte: se vogliamo sapere come amare dobbiamo procedere allo stesso
modo come se volessimo imparare qualsiasi altra arte, come la musica, la
pittura, oppure la medicina o l'ingegneria. Quali sono i passi necessari per
imparare un'arte? Possiamo dividerne il processo in due parti: teoria e pratica”[7].
“Ma, oltre a conoscere teoria e pratica, c'è un
terzo fattore necessario per diventare maestro in qualunque arte: non deve
esserci al mondo nient'altro di più importante. Questo vale per la musica, per
la medicina, per l'amore. E forse, qui sta la risposta alla domanda perché la
nostra civiltà cerca così raramente d'imparare quest'arte, ad onta dei suoi
fallimenti; nonostante la ricerca disperata d'amore, tutto il resto viene
considerato più importante: successo, prestigio, denaro, potere; quasi ogni
nostra energia è usata per raggiungere questi scopi, e quasi nessuna per
conoscere l'arte dell'amore”[8].
L’uomo non basta a sé stesso, sente fortemente il bisogno di rompere la
sua solitudine e a volte “tenta di fuggire all'isolamento rifugiandosi
nell'alcool e nelle droghe ma si sente ancora più solo quando è finito lo stato
di ebbrezza, e di conseguenza è spinto a ricorrevi con sempre maggior frequenza
e intensità”. Anche la ricerca dell'orgasmo sessuale “può assume una funzione
che li rende non molto diversi da alcolizzati e dai tossicomani. Diventa un
tentativo disperato di sfuggire all'ansia suscitata dalla separazione e il suo
risultato è un sempre crescente senso d'isolamento, poiché l'atto sessuale
senza amore, non riempie mai il baratro che divide due creature umane, se non
in modo assolutamente momentaneo”[9].
La soluzione più frequente per uscire dal senso di isolamento è quella
di unirsi ad un gruppo sociale, di condividerne (e di conformarsi ai) costumi,
usi, pratiche e credenze[10]. Oppure
di cercare in un altro una simbiosi che non tiene conto della reciproca
integrità: sottomettendo o sottomettendosi ad un altro (sadismo[11] o
masochismo[12]).
“In contrasto con l'unione simbiotica, l'amore
maturo è unione a condizione di preservare la propria integrità, la propria
individualità. L'amore è un potere attivo dell'uomo; un potere che annulla le
pareti che lo separano dai suoi simili, che gli fa superare il senso
d'isolamento e di separazione, e tuttavia gli permette di essere se stesso e di
conservare la propria integrità. Sembra
un paradosso, ma nell'amore due esseri diventano uno, e tuttavia restano due”[13].
“L'amore è un sentimento attivo, non passivo; è una
conquista, non una resa. Il suo carattere attivo può essere sintetizzato nel
concetto che amore è soprattutto "dare" e non ricevere.
Che cosa significa dare? La risposta sembra
semplice, ma in realtà è carica di ambiguità e di complicazioni. Il malinteso
più comune è che dare significhi "cedere" qualcosa, essere privati,
sacrificare. La persona il cui carattere non si è sviluppato oltre la fase
ricettiva ed esplorativa, sente l'atto di dare in questo modo. Il "tipo
commerciale" è disposto a dare, ma solo in cambio di ciò che riceve; dare
senza ricevere, per lui significa essere ingannato. La gente arida sente il
dare come un impoverimento. La maggior parte degli individui di questo tipo, di
solito sì rifiuta di dare”[14].
“Per la persona attiva, dare ha un senso
completamente diverso. Dare è la più alta espressione di potenza. Nello stesso
atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza, il mio potere. Questa
sensazione di vitalità e di potenza mi riempie di gioia. Mi sento traboccante
di vita e di felicità. Dare dà più gioia che ricevere, non perché è privazione,
ma perché in quell'atto mi sento vivo”[15].
“Che cosa dà una persona a un'altra? Dà se stessa,
ciò che possiede di più prezioso, dà una parte della sua vita. Ciò non
significa necessariamente che essa sacrifichi la sua vita per l'altra, ma che
le dà ciò che di più vivo ha in sé; le dà la propria gioia, il proprio
interesse, il proprio umorismo, la propria tristezza, tutte le espressioni e
manifestazioni di ciò che ha di più vitale. In questo dono di se stessa, essa
arricchisce l'altra persona, sublima il senso di vivere dell'altro, sublimando
il proprio. Non dà per ricevere; dare è in se stesso una gioia squisita. Ma nel
dare non può fare a meno di portare qualche cosa alla vita dell'altra persona,
e colui che riceve si riflette in essa; nel dare con generosità, non si può
evitare di ricevere ciò che le viene dato di ritorno. Dare significa fare anche
dell'altra persona un essere che dà, ed entrambi dividono la gioia di sentirsi
vivi. Nell'atto di dare nasce qualcosa, e un senso di mutua gratitudine per la
vita che è nata in loro unisce entrambe. Ciò significa che l'amore è una forza
che produce amore; l'impotenza è l'incapacità di produrre amore”[16].
“… in quest'orientamento l'individuo ha vinto
l'indipendenza, l'onnipotenza narcisistica, il desiderio di sfruttare gli altri
o di tesaurizzare, e ha tratto la fede nei propri poteri umani, il coraggio di
fare assegnamento nel conseguimento delle proprie mète. Nella misura in cui
queste qualità mancano, egli ha paura di dare se stesso, e quindi di amare”[17].
Al di là dell'elemento del dare, il carattere attivo dell'amore diviene
evidente nel fatto che si fonda sempre su certi elementi comuni a tutte le
forme d'amore. Questi sono: la premura[18],
la responsabilità, il rispetto[19]
e la conoscenza[20].
Le età dell’amore
Fromm prosegue soffermandosi sull’amore del bambino e dei genitori:
Per la maggior parte dei bambini prima dell'età
degli otto-dieci anni, il problema è quasi esclusivamente quello di essere
amati per quello che sono. Il bambino di quest'età non ama ancora; risponde con
gratitudine, con gioia all'amore. A questo punto dello sviluppo del bambino,
subentra un nuovo elemento nel quadro: il desiderio di produrre amore mediante
la propria attività. Per la prima volta il bambino crede di dare qualcosa alla
madre (o al padre), di produrre qualcosa - una poesia, un disegno, o qualunque
cosa sia. Per la prima volta nella vita del bambino l'idea dell'amore è
spostata dall'essere amato in amare, in amore creativo. Devono passare molti
anni, da questo inizio, per raggiungere la maturità dell'amore. È così che il
bambino, che ora è adolescente, ha vinto il suo egocentrismo; l'altra persona
non è più solo un mezzo per soddisfare i suoi bisogni. I bisogni dell'altra
persona sono importanti quanto i suoi, in realtà sono diventati più importanti.
Dare è diventato più soddisfacente, più bello, che ricevere; amare più
importante che essere amato. Amando è uscito dalla cella della solitudine e
dell'isolamento, costituita dallo stato di narcisismo ed egocentrismo, prova un
nuovo senso di fusione, dì solidarietà. Oltre a ciò, sente la potenza di
produrre amore amando - piuttosto che la subordinazione di ricevere essendo
amato - e per la ragione di essere piccolo, indifeso, malato, o
"bravo". L'amore infantile segue il principio: amo perché sono amato. L'amore maturo segue il principio: sono amato perché amo. L'amore immaturo
dice: ti amo perché ho bisogno di te.
L'amore maturo dice: ho bisogno di te
perché ti amo[21].
Anche la madre deve fare questo percorso di maturazione: amare il
bambino finché è piccolo e completamente legato a lei è cosa che appartiene
alla natura e che può corrispondere al bisogno narcisistico della madre che
vede nel suo piccolo una sua creatura, qualcuno che dipende totalmente da lei.
Ma il bambino deve crescere. Deve emergere dal
grembo materno; diventare un essere completamente indipendente. La vera essenza
dell'amore materno è di curare la crescita del bambino, e ciò significa volere
che il bambino si separi da lei. Qui sta la differenza con l'amore erotico.
Nell'amore erotico, due persone distinte diventano una sola. Nell'amore
materno, due persone che erano una sola, si separano. La madre deve non solo
tollerare, ma desiderare e sopportare la separazione del figlio. E’ solo a
questo stadio che l'amore materno diventa un compito così difficile da
richiedere altruismo, capacità di dare tutto senza chiedere niente e di non
desiderare niente altro che la felicità dell'essere amato. E anche a questo
stadio che molte madri falliscono nel loro compito. La narcisista, l'autoritaria,
la tirannica può riuscire ad essere una madre "amorosa" finché il
bambino è piccolo. Solo la donna veramente "amante", colei che è più
felice di dare che di ricevere, può essere una madre amorosa durante il processo
di separazione del bambino.
L'amore materno per il bambino che cresce, amore
fine a se stesso, è forse la forma d'amore più difficile a raggiungersi, ed è
anche la più ingannevole, a causa della facilità con cui una madre ama la
propria creatura. Ma proprio a causa di questa difficoltà, una donna può essere
una madre veramente amorosa solo se può amare; se è capace di amare il proprio
marito, altri bambini, il prossimo, tutti gli esseri umani. La donna che è
incapace di amare in questo modo, può essere una madre affettuosa finché il
bambino è piccolo, ma non può essere una madre amorosa. La condizione per
esserlo è la volontà di affrontare la separazione, e, anche dopo la
separazione, la capacità di continuare ad amare[22].
Gli oggetti d’amore
L'amore non è soltanto una relazione con una
particolare persona: è un'attitudine, un orientamento di carattere che
determina i rapporti di una persona col mondo, non verso un "oggetto"
d'amore. Se una persona ama solo un'altra persona ed è indifferente nei
confronti dei suoi simili, il suo non è amore, ma un attaccamento simbiotico, o
un egotismo portato all'eccesso. Eppure la maggior parte della gente crede che
l'amore sia costituito dall'oggetto, non dalla facoltà d'amare. Infatti, essi
credono perfino che sia prova della intensità del loro amore il fatto di non
amare nessuno tranne la persona "amata"[23].
La particolare relazione con il soggetto amato
spinge l’autore a descrivere diverse tipologie d’amore: quello fraterno (“forma più fondamentale d’amore”[24]),
quello materno (“la più alta forma
d'amore e il più sacro dei vincoli affettivi”[25]) e
quello erotico:
L'amore fraterno è tra simili; l'amore materno è
amore per l'essere indifeso. Così diverse tra loro, queste forme d'amore sono,
per loro stessa natura, non limitate a una persona. Se io amo mio fratello, amo
tutti i miei fratelli; se amo mio figlio, amo tutti i miei figli; e oltre a
ciò, amo tutti i bambini che hanno bisogno del mio aiuto. In contrasto con
entrambe queste forme, è l'amore erotico; questo è il desiderio della fusione
completa, dell'unione con un'altra persona. È per sua stessa natura esclusivo e
non universale; è forse la più ingannevole forma d'amore che esista[26].
L’ingannevolezza
dell’amore erotico è insita nell’esperienza dell’innamoramento che è per sua
natura, come già detto, di breve durata. Per la maggior parte delle persone “l'intimità è stabilita principalmente col
contatto sessuale”[27].
Ma il desiderio sessuale può essere stimolato
dall'ansia della solitudine, dal desiderio di conquistare o di essere
conquistato, dalla vanità, dalla volontà di ferire e perfino di distruggere,
così come può essere stimolato dall'amore. Sembra che il desiderio sessuale
possa facilmente essere confuso, o essere stimolato, da una forte emozione.
Poiché il desiderio sessuale è insito nella mente e associato al bisogno
d'amore, è facile concludere che ci si ama quando ci si desidera fisicamente.
L'amore può ispirare il desiderio dell'unione sessuale; in questo caso la
relazione fisica manca di brama, di desiderio di conquistare o di essere
conquistato, ma è caratterizzata dalla tenerezza. Se il desiderio di unione
fisica non è stimolato dall'amore, se l'amore erotico non è anche amore
fraterno, non porta mai alla fusione se non in un senso orgiastico e fittizio.
L'attrazione sessuale crea, sul momento, un'illusione d'unione, eppure senza
amore questa "unione" lascia due esseri estranei e divisi come prima
- a volte li fa vergognare l'uno dell'altro e li fa perfino odiare l'un
l'altro, perché quando l'illusione è svanita essi si sentono più estranei di
prima. La tenerezza è senza dubbio, come credeva Freud, una sublimazione
dell'istinto sessuale; è la conseguenza diretta dell'amore fraterno, ed esiste
sia nelle forme psichiche d'amore, che in quelle fisiche[28].
Spesso, l'esclusività
dell'amore erotico è interpretata come attaccamento possessivo. È molto
frequente trovare due persone "innamorate" tra loro che non sentono
amore per nessun altro. Il loro amore è, infatti, un egotismo a due; sono due
esseri che si annullano a vicenda, che risolvono il problema della separazione
fondendosi tra loro. Credono così di superare la solitudine; eppure,
staccandosi dal resto della specie, restano separati tra di loro e perfino da
loro stessi; la loro unione è un'illusione. L’amore erotico esclude l'amore per
gli altri solo nel senso di fusione erotica ma non nel senso di profondo amore
fraterno[29].
L'amore dovrebbe essere essenzialmente un atto di
volontà, di decisione di unire la propria vita a quella di un'altra persona.
Questo è, in verità, ciò che di razionale v'è dietro il concetto dell'indissolubilità del matrimonio, com'è
dietro molti matrimoni tradizionali, in cui due sposi non si scelgono tra loro,
ma vengono scelti l'uno per l'altro, e che tuttavia ci si aspetta che si amino.
Nella civiltà occidentale moderna questo concetto appare falso, nel suo
insieme. L'amore dovrebbe essere una reazione emotiva, spontanea, un sentirsi
improvvisamente uniti da un sentimento irresistibile. (…Ma) Amare qualcuno non
è solo un forte sentimento, è una scelta, una promessa, un impegno. Se l'amore
fosse solo una sensazione, non vi sarebbero i presupposti per un amore
duraturo. Una sensazione viene e va. Come posso sapere che durerà sempre, se
non sono cosciente e responsabile della mia scelta?[30]
Amore per se stessi
Si ritiene che nella misura in cui amo me stesso
non posso amare gli altri, che l'amore per se stessi sia una forma egoistica
d'amore. Questo punto di vista ha la sua origine nel pensiero occidentale.
Calvino parla di amore per se stessi come di "una peste", Freud ne
parla in termini psichiatrici, ma, nonostante ciò, il suo giudizio è uguale a
quello di Calvino. Per lui, amore per se stessi significa, narcisismo, libido
verso se stessi. Il narcisismo è il primo stadio dello sviluppo umano, e la
persona che in età adulta ritorna a questo stadio è incapace di amare; nel caso
estremo è malata di mente. Freud parte dal presupposto che l'amore sia la
manifestazione della libido, e che la libido sia o rivolta verso altri (amore)
o verso se stessi (amore per se stessi). Amore per gli altri e amore per se
stessi sono reciprocamente esclusivi, nel senso che più ve n'è di uno, meno ve
n'è dell'altro. Se l'amore per se stessi è peccato, ne deriva che l'altruismo è
virtù[31].
Ma è proprio così? Per il nostro autore la risposta è ovviamente
negativa:
Se è virtù amare i miei vicini come esseri umani,
deve essere virtù, e non vizio, amare me stesso, poiché anch'io sono un essere
umano. Non esiste concetto d'umanità in cui io stesso non sia incluso. Una
dottrina che proclami una simile esclusione è contraddittoria. Il concetto
biblico "ama il tuo prossimo come te stesso" significa che il
rispetto per la propria integrità, l'amore e la comprensione di se stessi, non
possono essere scissi dal rispetto, dall'amore e dalla comprensione per un
altro essere umano[32].
Se l'amore per se stessi non è disgiunto dall'amore
per gli altri, come ci spieghiamo l'egoismo, che ovviamente esclude qualsiasi
interesse genuino per gli altri? L’egoista s'interessa solo di se stesso, vuole
tutto per sé, non prova gioia nel dare, ma solo nel ricevere. Vede il mondo
esterno solo dal punto di vista di ciò che può ricavarne; non ha interesse per
i bisogni degli altri, né rispetto per la loro dignità e integrità. Non riesce
a vedere altro che se stesso; giudica tutto e tutti dall'utilità che gliene
deriva; è fondamentalmente incapace d'amare. Questo non prova che l'interesse
per gli altri e l'interesse per se stessi sono alternative inevitabili? Sarebbe
così se l'egoismo e l'amore per se stessi fossero la stessa cosa. Ma questa
convinzione è l'errore che ha suscitato tante conclusioni errate riguardo il
nostro problema. Egoismo e amore perse stessi, anziché essere uguali, sono
opposti. L'egoista non ama troppo se stesso, ma troppo poco; in realtà odia se
stesso[33].
Amore per Dio
Per quest’ultima tipologia di amore (o di oggetto dell’amore) Fromm
propone una lunga sintesi dello sviluppo delle religioni, evidenziando il
carattere matriarcale o patriarcale di esse. Si sofferma sull’ebraismo e sul
cristianesimo, ma offre, a mio avviso, una scarsa riflessione inficiata da una
conoscenza parziale e superficiale della Bibbia e della teologia.
Dopo un lungo capitolo dedicato alla “disintegrazione dell’amore nella
società occidentale contemporanea” (il libro, ricordiamolo, è scritto negli
anni ’50 e dunque per molti aspetti è già datato) conclude il suo saggio con la
“pratica dell’amore”. Torna così all’idea iniziale dell’amore che, come in ogni
arte, richiede disciplina, concentrazione e pazienza, fattori che risultano essere
molto difficili da praticare per l’uomo contemporaneo.
Una condizione (preliminare) per imparare qualunque
arte è un supremo interesse per la padronanza di quest'arte. Se l'arte non è
qualcosa di suprema importanza, l'apprendista non imparerà mai. Resterà, nella
migliore delle ipotesi, un buon dilettante, ma non diventerà mai un maestro. Questa
condizione è altrettanto necessaria per l'arte d'amare come per qualsiasi altra
arte. Sembra, tuttavia, che la proporzione tra maestri e dilettanti pesi di più
in favore dei dilettanti nell'arte d'amare che in qualsiasi altra arte[34].
Seguono una serie di consigli pratici per acquisire l’arte di amare: la
disciplina, la concentrazione (“esser
capaci di concentrarsi significa essere capaci di stare soli con se stessi”[35]) e la
pazienza. Per imparare ad amare occorre acquisire una obiettività che è ostacolata
dal narcisismo che ci fa leggere l’esterno solo in termini di utilità o di
pericolo: “l'obiettività è la facoltà di
vedere la gente e le cose così come sono, obiettivamente, e di essere in grado
di separare questo quadro obiettivo da un quadro formato dai propri desideri e
timori”[36].
Per acquisire obiettività è necessaria l’umiltà e una buona dose di
razionalità. In una parola: richiede fede[37].
Nella sfera delle relazioni umane, la fede è una
condizione indispensabile per l'amicizia e per l'amore. "Aver fede"
in un'altra persona significa aver fiducia nella stabilità delle sue qualità
fondamentali, della sua indole, del suo amore. Con ciò non voglio
dire che una persona non possa cambiare le proprie opinioni; l'importante è che
resti salda nei suoi principi, nel suo rispetto per la vita e per la dignità
umana. Nello stesso modo abbiamo fede in noi stessi. Siamo consci
dell'esistenza di un nostro io, di quella parte intima della nostra personalità
che resta immutata, e che resiste durante tutta la vita, ad onta delle
circostanze e di ogni eventuale cambiamento d'opinione e di sentimenti. E’ la
parte intima, il vero significato della parola "io", sulla quale si
fonda la coscienza del nostro vero essere. Se non abbiamo fede nella
sopravvivenza del nostro io, la nostra libertà è minacciata e noi diventiamo
succubi di altre persone la cui approvazione diventa per noi un'affermazione
della nostra personalità. Solo colui che ha fede in se stesso è in grado di
essere fedele agli altri, lui solo può avere la certezza di essere per loro, in
un tempo futuro, com'è oggi e che, di conseguenza, sentirà e agirà come ora
sente e agisce. (…). Ciò che conta, in relazione all'amore, è la fede nel
proprio amore e nella propria capacità di suscitare l'amore negli altri[38].
Amare significa affidarsi completamente,
incondizionatamente, nella speranza che il nostro amore desterà amore nella
persona amata. Amare è un atto di fede, e chiunque abbia poca fede avrà anche
poco amore[39].
[3] Idem,
p.17-18
[4] Idem,
p.18
[5] Idem, p.20
[6] Idem, p.20-21
[7] Idem, p.21
[8] Idem,
p.22
[9] Idem,
p.30
[10]
L’autore prosegue qui con una lunga e interessante disamina del conformismo
nella società occidentale (cf p.31-34).
[11] “Il
sadico vuole sfuggire alla propria solitudine e al proprio senso d'isolamento
impossessandosi di un'altra persona. Sublima se stesso incorporando un altro
essere, che lo idolatra”. (idem, p.38)
[12] “Il
masochista sfugge all'insopportabile senso di separazione e solitudine
rendendosi parte di un'altra persona che lo domina, lo guida, lo protegge; che
è la sua vita e il suo ossigeno, per così dire.” (idem, p.37).
[13] Idem,
p.39
[14] Idem,
p.41
[15]
Idem, p.42. Prosegue esemplificando: “Non
è difficile riconoscere la validità di questo principio applicandolo a vari
fenomeni specifici. L'esempio più elementare sta nella sfera del sesso. Il
culmine della funzione sessuale maschile è nell'atto di dare; l'uomo dà se
stesso, il suo organo sessuale, alla donna. Nel momento dell'orgasmo, le dà il
suo seme. Non può fare a meno di darglielo, se è potente. Se non può darglielo
è impotente.
Per la donna il processo non è diverso, anche se in un certo senso più
complesso. Anche lei si dà; apre tutto il suo essere; nell'atto di ricevere,
dà. Se è incapace di questo atto di dare, se può solo ricevere, è frigida.
L’atto di dare si ripete, per lei, oltre che nella sua funzione di amante, in
quella di madre. Dà al bambino che cresce in lei, dà il suo latte al neonato,
gli dà il suo calore fisico. Non dare sarebbe penoso”.
[16] Idem,
p.43-44
[17] Idem,
p.45
[18]
Esemplificato con il racconto di Giona: “Dio
spiega a Giona che l'essenza dell'amore è "lavorare" per qualche
cosa, "fare crescere qualche cosa", che amore e lavoro sono
inseparabili”. (p.46)
[19]
“Rispetto non è timore né terrore; esso
denota, nel vero senso della parola (respicere = guardare), la capacità di
vedere una persona com'è, di conoscerne la vera individualità. Rispetto
significa desiderare che l'altra persona cresca e si sviluppi per quello che è”.
(p.47)
[20]
“Ci sono molti gradi di conoscenza; il
conoscere, in quanto aspetto dell'amore, non si ferma alla superficie, ma
penetra nell'intimo”. (p.48)
[21]
Idem, p.61-62. Amplia poi il discorso distinguendo il ruolo materno da quello
paterno nei confronti del loro figlio: “L'atteggiamento
materno e quello paterno corrispondono ai bisogni propri del bambino. Egli ha
bisogno dell'amore incondizionato e delle cure materne sia psichicamente che
fisicamente. Il bambino, dopo i sei anni, incomincia ad aver bisogno dell'amore
paterno, della sua autorità, della sua guida. La madre ha la funzione di
renderlo sicuro nella vita, il padre ha quella d'istruirlo, di insegnargli a
battersi con quei problemi che dovrà affrontare nella società in cui è nato. In
questo caso ideale, l'amore materno non cerca d'impedire al bambino di
crescere, non tenta di incoraggiarne l'impotenza”. (p.64-65)
[22] Idem,
p.74-75
[23]
Idem, p.68. Così prosegue: “Questa teoria
può essere paragonata a quella dell'uomo che vuole dipingere ma che, anziché
imparare l'arte, sostiene che deve solo aspettare l'oggetto adatto, e che
dipingerà meravigliosamente non appena lo avrà trovato. Se amassi veramente una
persona, amerei il mondo, amerei la vita. Se posso dire a un altro "ti
amo", devo essere in grado di dire, "amo tutti in te, amo il mondo
attraverso te, amo in te anche me stesso".
[24]
Idem, p.69: “Con questo intendo senso di
responsabilità, premure, rispetto, comprensione per il prossimo; esso è
caratterizzato dall'assenza di esclusività. Se io ho sviluppato la capacità
d'amare non posso fare a meno di voler bene ai miei fratelli”. Dove per
fratelli l’autore intende i propri simili, ovvero l’umanità intera: “l'amore per l'essere indifeso, l'amore per
il povero e per lo straniero, sono il principio dell'amore fraterno. Amare la
propria carne e il proprio sangue non è una conquista. L'animale ama i suoi
piccoli e li cura… Solo l'amore disinteressato è un sentimento maturo,
completo”. (p.70)
[25]
Idem, p.72. L’amore materno ha anche la facoltà di comunicare al bambino
l’amore per la vita: “fa sentire al
bambino che è bello essere nato; instilla nel bambino l'amore per la vita e non
solo il desiderio di restare vivo”. Questo concetto è espresso dall’autore
attraverso una rilettura biblica molto efficace: quella della Terra promessa
dove scorre latte e miele: “La maggior
parte delle madri è capace di dare "latte", ma solo una minoranza di
dare anche "miele". Per poter dare latte una madre non deve soltanto
essere una "brava mamma", ma una donna felice, e non tutte ci
riescono. L'amore della madre per la vita è contagioso, così come lo è la sua
ansietà; ambedue gli stati d'animo hanno un effetto profondo sulla personalità
del bambino; si distinguono subito tra i bambini - e gli adulti - coloro che
ricevono soltanto "latte" e coloro che ricevono "latte e
miele".
[26]
Idem, p.75
[27]
Idem, p.76. “Parlare della propria vita
personale, delle proprie speranze e delle proprie ansie, mostrarsi sotto
aspetti infantili, stabilire un interesse comune di fronte al mondo, tutto ciò
è inteso come un superamento della solitudine. Perfino dimostrare la propria
rabbia, il proprio odio, la propria completa mancanza di inibizioni, è
scambiato per intimità, e ciò può spiegare l'attrazione perversa che spesso
lega una coppia, che è unita solo a letto o quando dà libero sfogo al rancore e
all'odio. Ma tutte queste forme di intimità tendono a ridursi man mano che il
tempo passa. La
conseguenza è che si cerca l'amore con un'altra persona, una persona
nuova. Ancora una volta l'estraneo viene trasformato in "intimo", di
nuovo l'esperienza di innamorarsi è intensa, e termina col desiderio di una
nuova conquista, un nuovo amore - sempre con l'illusione che il nuovo amore
sarà diverso dal precedente” (p.76-77).
[28] Idem, p.77-78
[29] Idem, p.78
[30] Idem, p.79
[31] Idem, p.81
[32] Idem, p.82
[33] Idem, p.83-84
[34] Idem,
p.142
[35] Idem,
p.144. E sullo stesso argomento: “Concentrarsi
nei rapporti col prossimo significa soprattutto essere capaci di ascoltare”
(p.147).
[36] Idem,
p.152
[37]
Ovviamente, ma in maniera discutibile, l’autore specifica: non una fede
“irrazionale” (volta alla sottomissione ad una autorità irrazionale), ma una
fede “razionale” che definisce come “certezza
e fermezza nelle nostre convinzioni”. (p.155). “Mentre la fede irrazionale è l'accettazione di qualche cosa che è vero
solo perché un'autorità o la maggioranza lo dicono, la fede razionale è
radicata in una libera convinzione che si basa sulle proprie osservazioni e
idee produttive, ad onta dell'opinione generale”. (p.157)
[38] Idem,
p.157-158
[39] Idem,
p.162
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