Quando Giovanni scrive che “Dio è amore” (1 Gv 4,8.16), egli pensa
concretamente al Padre che ha mandato, per amore, il suo Figlio amato; ed è con
questo amore che il Figlio ama anche noi (Gv 15,9); è proprio l’amore del Padre
per il Figlio che è in noi, e che rende Cristo presente in noi (Gv 17,26). Ma
“in questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi:
egli ci ha donato il suo Spirito”(1 Gv 4,13). Ne consegue che “dobbiamo amarci
l’un l’altro” (1 Gv 3.11.23; 4.7.11.12)
Perché i cristiani credono nella
Trinità? La risposta è: perché credono che Dio è amore. Là dove Dio è concepito
come Legge suprema o Potere supremo non c’è evidentemente bisogno di una
pluralità di persone e per questo non si capisce la Trinità. Il diritto e il potere possono essere
esercitati da una sola persona, l’amore no.
Ed ecco la risposta della
rivelazione cristiana che la Chiesa ha raccolto da Cristo e ha esplicitata nel
suo credo. Dio è amore in se stesso, prima del tempo, perché da sempre ha in se
stesso un Figlio, il Verbo, che ama di un amore infinito che è lo Spirito
Santo. In ogni amore ci sono sempre tre realtà o soggetti: uno che ama, uno che
è amato e l’amore che li unisce[1].
E’ soprattutto Agostino a descrivere la Trinità come il
rapporto di donazione totale tra l’Amante, il Padre, l’Amato, il Figlio e
l’Amore, lo Spirito Santo[2] e ad
avvisarci: “in verità vedi la Trinità se vedi l’amore”[3]. Il Padre è, nella
Trinità, colui che ama, la fonte e il principio di tutto; il Figlio è colui che è amato; lo Spirito santo è
l’amore con cui si amano.
Così esemplifica il mistero della Trinità Tonino Bello:
“Sai come spiego il mistero di un solo Dio in
tre Persone? Non parlo di uno più uno più uno: perché così fanno tre. Parlo
di uno per uno per uno: e così fa sempre uno. In Dio,
cioè, non c’è una Persona che si aggiunge all’altra e poi all’altra
ancora. In Dio ogni Persona vive
per l’altra.
E
sai come concludo? Dicendo che questo
è uno specie di marchio di famiglia. Una forma di ‘carattere ereditario’ così
dominante in ‘casa Trinità’ che, anche quando è sceso sulla terra, il Figlio si
è manifestato come l’uomo per gli altri”.
(…) L’uomo è icona della Trinità (“facciamo
l’uomo a nostra immagine e somiglianza”) e pertanto, per quel che riguarda
l’amore, è chiamato a riprodurre la sorgività pura del Padre,
l’accoglienza radicale del Figlio, la libertà diffusiva
dello Spirito”.
Ma
non solo l’umanità ha il timbro del Dio uni-trino:
“… sia il
macro-universo: la nostra terra, i pianeti, le stelle, le galassie; sia il
micro-universo: le cellule, gli atomi, le particelle elementari. In tutto ciò
che esiste è in un certo senso impresso il “nome” della Santissima Trinità,
perché tutto l’essere, fino alle ultime particelle, è essere in relazione, e
così traspare il Dio-relazione, traspare ultimamente l’Amore creatore. Tutto
proviene dall’amore, tende all’amore, e si muove spinto dall’amore,
naturalmente con gradi diversi di consapevolezza e di libertà. “O Signore,
Signore nostro, / quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!” (Sal 8,2) – esclama il salmista. Parlando
del “nome” la Bibbia indica Dio stesso, la sua identità più vera; identità che
risplende su tutto il creato, dove ogni essere, per il fatto stesso di esserci
e per il “tessuto” di cui è fatto, fa riferimento ad un Principio trascendente,
alla Vita eterna ed infinita che si dona, in una parola: all’Amore. “In lui –
disse san Paolo nell’Areòpago di Atene – viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28). La prova più forte che siamo fatti
ad immagine della Trinità è questa: solo l’amore ci rende felici, perché
viviamo in relazione per amare e viviamo per essere amati. Usando un’analogia
suggerita dalla biologia, diremmo che l’essere umano porta nel proprio “genoma”
la traccia profonda della Trinità, di Dio-Amore”[4].
La verità antropologica dell’amore
coniugale, che nella sua struttura originaria è costituita dalla triplice
dimensione di differenza sessuale, dono di sé e procreazione, è icona creata
dell’amore divino trinitario[5].
Come la chiesa è immagine della
Trinità lo è anche l’umanità intera. E il paradigma trinitario informa non solo
la società nel suo insieme, ma anche tutti i rapporti che la sostengono
portando alle estreme conseguenze quanto affermato dal Concilio. Per cui la Trinità
non è più solo un dogma di fede e nemmeno solo un’esperienza spirituale
individuale (S. Agostino), ma diviene il modello del sociale oltre che
dell’ecclesiale. “In questa spiritualità la vita della Trinità non è più vissuta soltanto
nell’interiorità della singola anima, ma scorre liberamente tra le membra del
mistico Corpo di cristo”[6]
E Gesù crocifisso è la chiave per vivere la dinamica dell’amore trinitario nei
rapporti interpersonali, nella società, nell’umanità.
Un’antropologia fondata sulla
relazione trinitaria è un impulso verso una nuova società in cui si realizza la
coesione e l’unità ma nel rispetto delle diversità. Solo il modello trinitario
nella dinamica di comunione nell’unità e nella distinzione, fa sì che ognuno
sia, a suo modo, origine della società, e che tuttavia la società sia qualcosa
di più della somma dei singoli, che la società abbia una vita unica, comune, e
che tuttavia questa vita sia quella di ogni singolo che si realizza nella
libertà. Nella relazione trinitaria la comunione non è antitetica alla libertà,
ma le due dimensioni della persona sono legate in modo proporzionale. La
persona umana è tanto più se stessa quanto più è una con le altre e tanto più
libera quanto più vive la comunione con le altre e viceversa.
[1] R. Cantalamessa, Dio è amore, II predica di Quaresima
(01.04.2011). Riconoscere Dio
come Amore, significa riconoscere che Dio non è solo, non è solitudine: per
amare bisogna essere almeno in due, in un rapporto così ricco e profondo da
essere aperto all’altro dai due.
[2]
Agostino, De Trinitate, 8,10,14.
Ancora: “L’amore suppone uno che ama, ciò che è amato e l’amore stesso” (id.,
VIII, 10,14).
[3] Idem,
8,8,12
[4]
Benedetto XVI, Angelus, 7.6.2009: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/angelus/2009/documents/hf_ben-xvi_ang_20090607_it.html
[5]
A. Scola, “Il mistero nuziale.
Originarietà e fecondità”, in Anthropotes
XXIII/2 (2007). Per una trattazione più sistematica, dello stesso autore si
veda oltre ai due volumi dell’opera già citata: Il mistero nuziale: una prospettiva di teologia sistematica,
Lateran University Press, Roma 2003.
[6] C.
Lubich, Spiritualità dell’unità e vita trinitaria, in Nuova Umanità XXVI
(2004), p.16.
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