LIBERI?
Si è liberi quando
non ci sono regole, leggi e divieti? O si è liberi quando si è in grado di
raggiungere un obiettivo senza lasciarsi condizionare e bloccare da altro o da
altri?
La libertà non è la
possibilità di fare qualsiasi cosa io desideri: questa è utopia.
Noi siamo
influenzati dai nostri istinti e dai nostri sentimenti, dai nostri limiti
fisici e psichici, dalla responsabilità assunta nei confronti di altre persone,
dai limiti spazio temporali, dalla cultura e dalla società… Influenzati, ma non determinati.
Non
siamo liberi di fare qualsiasi cosa
(abbiamo dei limiti), non siamo liberi da
ogni influenza, regola, responsabilità… Siamo liberi per fare le nostre scelte (che corrispondono sempre a delle
rinunce), liberi per amare.
SI, MA FRAGILI
Chi
di noi non sperimenta di avere spinte interiori (oltre che esteriori) che
amplificano la confusione, ci portano a fare delle scelte (a volte
autodistruttive) che, come ci ricorda san Paolo, non sempre corrispondono a ciò
che sentiamo e sappiamo essere la cosa giusta e buona da fare:
Io non
riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io
faccio, ma quello che detesto… c'è in me il desiderio del bene, ma non la
capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che
non voglio (Rm 7,15-19).
L’esperienza di san Paolo è anche la nostra: quante volte ci siamo proposti di rimanere calmi e pazienti, di non dire neanche una parola e invece, subito dopo, abbiamo perso la pazienza e abbiamo detto quello che non volevamo dire? Quante volte si vorrebbe dominare qualche impulso sensuale e invece ci troviamo coinvolti, nonostante la nostra volontà contraria? Siamo allora schiavi dei nostri istinti e dei nostri bisogni? No, ma non possiamo neanche minimizzarne le forze. Abbiamo bisogno di regole che ci tengano in carreggiata, che ci aiutino a realizzare la nostra volontà, le scelte fatte, le decisioni prese. Abbiamo bisogno della “grazia”, cioè di un aiuto divino che ci sostenga e ci illumini nei momenti di buio e di prova (“non abbandonarci alla tentazione”, preghiamo secondo l’insegnamento del nostro Signore). San Paolo non vuole negare o diminuire la responsabilità dell’uomo, ma riconoscere la fragilità in cui egli si trova che è la causa per cui fa ciò che disapprova e riconosce come male. Questa causa è, secondo la tradizione cristiana, la concupiscenza che proviene dal peccato originale e che è stata acuita dai peccati personali.
Per
ascoltare D’Avenia che parla di fragilità e grandezza a partire dall’esperienza
di vita di Leopardi, puoi vedere questo video di 8 minuti:
Può
comunque essere utile la lettura del suo libro “L’arte di essere fragili” (2016, Mondadori).
Come trasmettere questi messaggi?
Dopo
aver introdotto l’argomento (riprendendo e approfondendo il concetto di
libertà), si potrebbe dividere il gruppo in maschi e femmine e porre loro
domande “speculari”:
Ai
maschi: quali PAURE pensi che le FEMMINE abbiamo nelle relazioni in generale e
nelle relazioni sentimentali in particolare? Quali paure pensi che
attribuiscano ai maschi? Quali paure sperimenti te personalmente?
Alle
femmine: quali PAURE pensi che i MASCHI abbiamo nelle relazioni in generale e
nelle relazioni sentimentali in particolare? Quali paure pensi che
attribuiscano alle femmine? Quali paure sperimenti te personalmente?
Dopo
un tempo concordato per confrontarsi, ci si ritrova insieme e si condividono le
opinioni emerse.
Una
domanda extra, per tutti: condividete l’affermazione di un noto psicologo che
gli adolescenti sono “FRAGILI E SPAVALDI” [1]?
Quanto tempo ti capita di passare davanti allo SPECCHIO?
Se si
fatica a farli parlare, si può chiedere:
ti
capita di avere paura del giudizio degli altri (e, di conseguenza, tendere ad
omologarti e a cercare la conferma degli altri? paura (e vergogna) di essere
preso in giro, bullizzato; paura del corpo che cambia, dei difetti che vedi
(ingigantiti, a volte inventati), di non apparire bello/a; paura della
solitudine, di non essere accettato/a dagli amici?
Sei d’accordo
che queste paure possono portare a conseguenze tipo:
-
A
livello alimentare: bulimia o anoressia;
-
A
livello sentimentale: attaccamento morboso a qualcuno che mi garantisca un po’ di
affetto; gelosia; rapporti morbosi, violenti, umilianti…
-
Ricerca
di amici “virtuali”, di likes su facebook;
Possono aiutare anche due video:
il primo presenta
una bella ragazza che parla della sua vita, di come si vede lei. Per poi mostrarla così come noi la vediamo: una
ragazza affetta da sindrome di down.
https://www.youtube.com/watch?v=rGJhQ13fCmI&list=PLAFpPFncANesu_JPIwQgCzOxdGSllCZYw&index=2
(“Tu come mi vedi?”. Dura circa 2 minuti).
Il secondo (di un
minuto circa) descrive la bellezza la bellezza
ideale creata con photoshop. Non esiste nella realtà (la modella è
imperfetta come tutti), ma è con questi standard che molte ragazze si
confrontano, sentendosi ovviamente inadeguate.
https://www.youtube.com/watch?v=GUF8Gr73q-M&index=6&list=PLAFpPFncANevi6E9S08bXxHpPOZFgCX2k
(“Body evolution”)
INFINE: IL KINTSUGI
Dio
ha messo questo tesoro – la vita e l’amore - in “vasi di creta”, immagine paolina della nostra fragilità. È interessante il fatto che i giapponesi
utilizzino una tecnica che valorizza i vasi proprio a partire dalle loro crepe:
si chiama “Kintsugi” e consiste nel
riparare un oggetto rotto riempiendo la spaccatura con dell’oro. Essi credono
che, quando qualcosa ha subito una ferita e ha una storia, diventa più bello. Gesù
ha fatto qualcosa del genere: si è chinato davanti ad ogni “vaso rotto”
guarendo e valorizzando le potenzialità insite nella persona. Lo ha fatto
facendoli sentire amati, donando la sua attenzione, rialzandoli per fargli
riprendere il cammino, indicando la vera meta del nostro pellegrinare. Dopo
essere risorto, Gesù ha continuato a mostrare le sue ferite come segno
distintivo della sua storia umana, del dono della sua vita, di un amore
smisurato, gratuito, vivificante offerto a prezzo della sua vita.
Si racconta la
storia di un uomo che era morto e che, salito al cielo, viene accolto da un
angelo che gli dice: “Mostrami le tue ferite”. Egli risponde: “Ferite? Non ne
ho”. E l’angelo a lui: “Dunque non hai mai trovato nulla per cui valesse la
pena di battersi?”.
La fede nella
resurrezione significa credere che le ferite che riceviamo non sono mortali e
che possiamo correre il rischio di essere vulnerabili[2].
[1] Gustavo
Pietropolli Charmet, Fragile e spavaldo. Ritratto dell'adolescente
di oggi, Laterza, 2008, pp. 144, € 10,00
[2] T. Radcliffe, Amare
nella libertà, Qiqajon 2007, p.66-67
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