Il sesso è un tema quasi ossessivo della modernità e dei media e anche noi cristiani, di riflesso, cerchiamo di parlarne, anche spesso, offrendo su di essa uno sguardo differente. Purtroppo, però, ogni volta che la Chiesa parla di sessualità c’è sempre qualcuno pronto ad accusarla di sessuofobia, anche con la classica obiezione: “come possono i preti, che vivono in castità, parlare di sesso agli uomini?”, come se i ginecologi potessero soltanto essere donne,come se i maschi potessero soltanto rivolgersi ad uno psicologo (maschio) per farsi aiutare nelle difficoltà mentali, come se a parlare di violenza sulle donne potessero essere solo le vittime di violenza, e così via.
Ma dopo la rivoluzione sessuale del ’68 è ancora più difficile accettare la visione della Chiesa sulla sessualità, cioè ordinata al dono di sé, non al piacere egoistico. Come ha spiegato il celebre filosofoRoger Scruton, siamo vittime di «un’ideologia che vuole ricostruire la sessualità senza legami con l’ordine naturale. Oggi si dà per scontato che le sole questioni morali che circondano l’atto sessuale siano quelle del consenso e della ‘sicurezza’. Per dirla con Foucalt, si è “problematicizzato” il sesso. Il gesto sessuale è ridotto a funzione corporale emancipata dalla moralità. L’educazione sessuale a scuola cerca di cancellare le differenze fra noi e gli animali, rimuovendo concetti come il proibito, il pericoloso o il sacro. L’iniziazione sessuale significa superare queste emozioni ‘negative’ e godere del ‘buon sesso’. Abbiamo incoraggiato i figli a un interesse depersonalizzato alla sessualità».
Anche diverse femministe oggi guardano deluse al fallimento del progetto di liberare la sessualità femminile da una presunta morale bigotta, e constatano rammaricate che l’unico risultato ottenuto è la«pornificazione del corpo femminile». Un recente documentario ha mostrato come l’educazione sessuale del Novecento ha “liberato” gli adolescenti da inibizioni e insicurezze, dirottandoli direttamente verso l’educazione attuale: la pornografica. Ovvero, la sessualità “liberata” dalla morale si èsclerotizzata.
Recentemente lo ha riconosciuto anche lo psicoanalista di “Repubblica” Massimo Recalcati che, nonostante il quotidiano per cui scrive, ha dimostrato più volte di infischiarsene di risultare politicamente scorretto nei suoi giudizi. Ha voluto identificare il punto cieco della sessuologia, quando diventa una«pedagogia disciplinare del corpo», ovvero ossessionata dalle «capacità performative degli organi» ma che «non sfiora il problema di cosa significa desiderare. Non è ancora stata inventata la pillola capace di accendere il desiderio. È il punto cieco della sessuologia che un mio vecchio paziente, dopo aver ottenuto il ripristino della capacità erettile del suo organo grazie a trattamenti farmacologici, mi descriveva smarrito: “e ora chi riuscirà a collegare l’organo ad un desiderio che non c’è?”».
Se «il desiderio si è eclissato, è morto, assente, svanito», di chi è la colpa? Anche Recalcati punta alla rivoluzione sessuale sessantottina: «Ci si potrebbe anche chiedere se la liberazione sessuale e la caduta di ogni velo sul corpo sessuale, abbiano giovato al desiderio, il quale, non dobbiamo dimenticare, si nutre sempre della distanza, della differenza, del mistero, della presenza del velo. Bisognerebbe avere il coraggio di dire che gli entusiasmi per la cosiddetta liberazione sessuale hanno generato una nuova e forse più insidiosa gabbia rispetto a quella dei moralismi di ogni genere e specie. È quella del principio di prestazione che sembra colonizzare anche il mistero del corpo erotico».
Se questi sono i frutti della rivoluzione sessuale, si dovrebbe davvero dubitare che ci abbia davvero liberato. Liberato da cosa, oltretutto, non si sa. Certo, ha emancipato molti uomini dal legame con la moralità e, per questo, li ha resi schiavi delle loro pulsioni. Altro che liberazione.
La redazione
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