Prima di unirsi con una donna o con un uomo, insegna la Chiesa, è bene vivere due tappe: fidanzamento prima (meglio se non troppo presto, e non troppo lungo), e matrimonio, poi.
Un ordine cronologico, come si è detto, che è anche logico. E che comporta la famosa e vituperata castità prematrimoniale, cioè un tempo di discernimento in cui ragazzo e ragazza, consapevoli ognuno della propria preziosità ed unicità, cercano di comprendere se stessi e la persona che hanno di fronte, prima di affidarsi completamente e donare tutto se stessi.
Per evitare di buttarsi via; di fare il passo più lungo della gamba; di mettere il carro davanti ai buoi: in altre parole di condividere il proprio corpo, la totalità di se stessi, con una persona a cui magari, solo un anno dopo non si affiderebbe non si dice la vita, ma neppure la propria auto o la propria casa.
Il cosiddetto “divieto” di rapporti carnali prima del matrimonio nasce dunque da qui: si conosce, per quanto possibile, una persona, si sperimenta la possibilità di un accordo profondo, e, conoscendola, si impara piano piano ad amarla. Non si dà amore vero, infatti, prima della conoscenza. Così come non si dà profonda conoscenza, senza amore vero.
Perché la Chiesa chiede ai fidanzati di non avere rapporti carnali prima del matrimonio?
Il cosiddetto “divieto” di rapporti carnali prima del matrimonio nasce dunque da qui: si conosce, per quanto possibile, una persona, si sperimenta la possibilità di un accordo profondo, e, conoscendola, si impara piano piano ad amarla. Non si dà amore vero, infatti, prima della conoscenza. Così come non si dà profonda conoscenza, senza amore vero.
Perché la Chiesa chiede ai fidanzati di non avere rapporti carnali prima del matrimonio?